venerdì 11 ottobre 2013

la magia

La magia è l'arte perduta di incantare. "Abbiamo perso il senso di quello che significa realmente la narrazione, lo diamo troppo per scontato e credo che non ascoltiamo più nel modo giusto le storie. La narrazione è una sorta di fuoco, non è aria, non è acqua e non è terra. E' un fuoco, è ciò che brucia nel viaggio umano, è ciò che illumina nelle tenebre, è ciò che guida attraverso i secoli. L'intera parabola del mistero umano è fatta esclusivamente di storia. L'uomo, la donna, nascono, vivono, soffrono, commettono pazzie, imparano un pò e poi muoiono. Ecco la storia.
Le storie ci vengono date per guidarci, non di certo per intrattenerci. L'intrattenimento è un inganno, inventato dal senso estetico, che cela qualche cosa di molto più essenziale..."
Ben Okri
In questo stralcio di intervista al poeta Ben Okri (nato a Lagos, in Nigeria, nel 1959) cogliamo l'essenza di quelle che possono apparire scelte di vita assurde, spericolate ed incoscienti.
Il mestiere di un "mercante di stelle" (R. Zero), di un menestrello, di un giullare dei nostri giorni, è quello di rinnovare nella memoria dei suoi simili, così presi a correre, la magia delle storie, della semplicità di un sorriso e del senso della meraviglia.
Cosa spinga un essere umano a farsi carico di un simile fardello è difficile, se non impossibile, dirlo. Cameron Julia ci ha provato con il suo libro "la via dell'artista" nel quale aiuta il lettore a superare quei blocchi psicologici che ogni artista subirà dopo aver accettato il proprio percorso.
La società attuale, la crisi, l'incapacità di guardare oltre il profitto, rendono difficile l'inserimento dello svago all'interno di quei contesti che in realtà costituirebbero il più logico e naturale tempio. Se il luogo preposto all'intrattenimento, chi lo gestisce, impedisce all'artista di intrattenere i frequentatori del luogo stesso chi mai si curerà di allietare gli animi altrimenti appesantiti dal cibo e dall'alcool?
Un moderno medio evo con piccoli raggi di luce che di quando in quando squarciano il buio dell'ottusità. Questo viviamo. Solo la gente potrà cambiare questo stato di cose, chiedendo ed esigendo il cibo per l'anima, pretendendolo proprio da chi, ottusamente, prova a fare dimenticare al mondo che non si vive di solo pane.



giovedì 10 ottobre 2013

the half ass story

Che poi sarebbe "la storia di mezzoculo". Come tutte le grandi terre anche la nostra ha le sue tradizioni ed i suoi racconti popolari. Quando non esisteva la televisione la famiglia, di sera, si riuniva intorno alla "frascera" ed il nonno raccontava storie favolose. La più popolare era quella di "mezzoculo".
Di un trash ed uno splatter spaventoso, trovo che sia di una violenza inaudita e, come accade nel libro di Luigi Boitani "dalla parte del lupo", scritto per restituire la giusta immagine all'animale da sempre rappresentato come simbolo del male,  il carnefice diventa vittima ed alla fine ci appare anche più simpatico dei presunti "buoni".
Cosa accade nel racconto: in una famiglia poco abbiente, formata dal padre, la madre ed i figli, a causa del freddo, la mamma decide, per riscaldare tutti, di fare i panzerotti. Tralasciando di indagare sul nesso tra il freddo e la fame, continuo la narrazione. La mamma si rende conto di non poter friggere perché non possiede la pentola adatta. Così la signora dice alla figlia più piccola, in quanto dovrebbe ispirare tenerezza, di andare a chiedere la pentola in prestito alla vicina (non mi è chiaro se sia un uomo o una donna) nota come mezzoculo.
La ragazzina così fa e mezzoculo presta la pentola a condizione che le siano riservati due panzerotti e qualche pettola. Tornata a casa la bambina riferisce alla mamma che subito si cimenta nella preparazione.
I panzerotti e le pettole vengono bene, la famigliola li divora e solo alla fine tutti ricordano della promessa fatta a mezzoculo che ovviamente non potrà essere mantenuta. Allora decidono di improvvisare. Raccolgono gli scarti della massa, un poco di carne rimasta attaccata alla pentola, qualche scarafaggio preso dal pavimento ed ecco gli ingredienti per fare due panzerotti caldi, caldi, con i quali onorare la parola data.
La piccola torna a casa della vicina, restituisce la pentola con dentro i panzerotti taroccati. Mezzoculo soddisfatta ne addenta uno e dopo qualche morso ecco spuntare la testa dello scarafaggio. La povera donna (o uomo non lo so) capisce l'inganno, sputa e giura di vendicarsi minacciando di andare, nottetempo, ad ucciderli tutti. Capisco lo schifo ed il disgusto.. ma fagli causa!!! Ordire degli omicidi mi sembra alquanto esagerato.
La famigliola si barrica in casa, disseminando il percorso di trappole. Sapone sulle scale e cose così.
Mezzoculo, giunta la notte, si reca a casa dei traditori per mettere in atto il folle proposito, ma non sapendo del sapone sulle scale casca a terra un sacco di volte e si spezza le gambe. Sembra un film horror di serie B.
Comunque, com'è o come non è, half ass, riesce ad entrare in casa dove sono tutti nascosti. Un figlioletto sotto un tavolo, un altro dentro un armadio. E ammazza chi trova. E' una strage. Infine arriva il babbo, uccide mezzoculo e con la "manna" di San Nicola fa resuscitare i suoi congiunti.
Chi lo prende in quel luogo segreto è il cattivo, che il più cattivo della storia forse non è.
Scusate, stanno suonando alla porta, guardo... ah è la figlia del vicino. Che vuole? Mò chiedo:
-dimmi
-buongiorno signor Kappa, ci presterebbe la pentola per friggere? Sa, vorremmo fare due panzerotti.
-no guarda, mi dispiace, non ce l'ho!!!

martedì 8 ottobre 2013

le donne

Donne. Ne ho conosciute e ne ho amate tante. Con il corpo molte ma con il cuore poche. A volte, nel gioco degli sguardi, capita che il copione si ripeta. Quando le meccaniche della seduzione sono le medesime, so già cosa dire e so già come comportarmi. Capisco subito quando una ragazza, come si suol dire, "ci sta" così come mi rendo conto quando devo "lavorarci" ancora. Lo "starci" di una donna è comunque un dono, che certi uomini non sanno apprezzare, presi come sono ad incidere la nuova tacca sulla loro "pistola". A me le tacche non interessano più da un pezzo, perché ogni donna sedotta e riaccompagnata a casa, senza chiederle un nuovo appuntamento, rappresenta l'ennesimo scalino della scala in discesa che conduce verso la solitudine.
L'arte della seduzione è un gioco raffinato e qualche volta succede di incontrare una donna diversa, una donna che sfugge a qualsiasi regola, a qualsiasi déjà vu, una dea che ti travolge con il suo essere speciale. Quando succede a me, stento a credere che stia succedendo davvero. E temporeggio.
Lei pensa che io lo faccia per "tirarmi la calzetta" e ciò la renderà più risoluta e seducente, ma in realtà io sto solo cercando di capire se sarà il caso, o meno, di lanciarmi in questa incredibile avventura, senza farmi male e senza rimediare una figuraccia. Si, perché l'uomo in fondo è codardo, troppo attento a non ledere la sua fama di grande seduttore.
Alla fine sarà proprio lei a darmi il coraggio di rischiare, di credere nella magia, in fondo sono un mago, di lasciarmi andare all'impossibile. Quell'impossibile che è destinato a diventare realtà.
Dopo il gioco passerà nelle mie mani. E tutto dipenderà da come giocherò le mie carte. Mica posso pretendere che faccia tutto lei e che diamine!
Certi uomini hanno un gran dire su come le donne siano "facili" e danno sempre la colpo a loro, alle donne, ogni volta che ne perdono una. Nessuno di questi uomini ha il coraggio di guardarsi dentro e fare un bell'esamino di coscienza. Le donne sono diverse da noi uomini, ci aprono la porta del loro mondo più segreto e noi pretendiamo di svaligiare la cassaforte che in quel mondo è conservata. La cassaforte del loro cuore. La chiave non la vediamo, eppure è lì a portata di mano e benché ci venga offerta non riusciamo a vederla. Preferiamo complicare una cosa semplice, per mettere alla prova la nostra voglia di comando, di superiorità maschile. In un mondo perfetto proprio non ci sappiamo stare e con i nostri atteggiamenti, infine, mettiamo in fuga proprio lei, la donna ideale che non chiedeva altro che di starci accanto. Senza tirannia, senza doveri, ma solo per amore. Io l'ho capito: non sono loro quelle sbagliate, siamo noi maschietti, talvolta, ad essere degli autentici coglioni. 

lunedì 7 ottobre 2013

il pagliaccio

Qualche sera fa mi sono imbattuto in un bambino "pagliaccio". Ero seduto al tavolo di un locale, all'aperto, con il mio amico Fabio ed il mio cane Biagio, a bere una birra quando all'improvviso un frugoletto di circa sei anni si avvicinò dicendoci "ciaaao!!!" in maniera, per l'appunto, pagliaccia. Raggiunto dai suoi amichetti, che ridevano per la coraggiosa azione di aver preso in giro due adulti, il marmocchio si allontanò soddisfatto riunendosi al gruppo tornando nel bar dal quale era sbucato. Io ed il amico non potemmo che sorridere della cosa che, però, non immaginavamo avrebbe avuto un seguito immediato. Tempo cinque minuti ed il piccolo pagliaccio ci fu di nuovo addosso portando via, questa volta, il mio borsello. Non che volesse rubarlo, quanto piuttosto improvvisare una sfilata di moda per i suoi amici. La prova, la sfida di infastidire due adulti, si faceva così più ardita e quindi più divertente per la platea formata dai suoi amichetti.
Preso il borsello, il ranocchio, comincia la sfilata, guardandomi ed esclamando "amooore!" 
La cosa cominciò a diventare fastidiosa, come una "zampana" quando ti prende di mira durante la notte.
Comunque, con modi gentili, cerco di rientrare in possesso del mio borsello, dicendo al piccolo di restituirmelo: "no a zio!" All'improvviso, dopo aver recuperato il maltolto, sopraggiunge il genitore incazzato, pronto a dispensare educazione al simpatico frugoletto tirandolo per un braccio: "Ce sta a fa? Vin ind!" 
Terminato il nuovo assalto, io e Fabio, torniamo alle birre, pensando di poter continuare in pace la nostra chiacchierata. Ed invece no! Dopo pochi minuti ecco tornare alla carica l'indomito fanciullo! Questa volta deciso a darmi un bacio. Questo è troppo! Il bacio no! Cerco di dissuadere il piccolo folle tentando di tenermi lontano dalla sua ventosa. "No a zio!" Con il giusto tempismo ritorna il suo babbo. Recupera il figlio e gli assesta un educativo "buffettone". Nonostante noi dicessimo "e no e no, non ha fatto niente".
Rientrati nel bar, il rampollo ed il suo babbo, proseguirono la lezione di "buone maniere" a suon di "mazzate". Finché il bambino capì e restò "spezzato di gambe" al tavolo insieme al papà lasciandoci finalmente bere in pace la sospirata birra.


sabato 5 ottobre 2013

la calunnia

La purezza è dentro le persone, non fuori e nemmeno intorno. "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla sua bocca" (Matteo 15,1-2.10-14).
I giudizi sono spesso vuoti e vacui, espressi per colmare le proprie incertezze, per giustificare i propri fallimenti e per consolarsi delle proprie ipocondrie mentali. Un inutile gioco al massacro ai danni del proprio simile, del prossimo, quel prossimo che magari si fa solo i fatti suoi. Non si spiega in altro modo questo bisogno atavico di far pettegolezzo e di inventare fandonie. 
C'è chi soffre perché l'amico ha la fidanzata più bella, ha più facilità nei rapporti, successo nel lavoro o più ascendente sulla gente. Ed ecco che una cosa semplice come l'empatia non è più quel che è ma diventa sporca, vista attraverso la lente distorta delle mille insinuazioni, che saranno sparse al vento ed inevitabilmente inquineranno un rapporto e rovineranno una vita. Anzi, forse due. E chissà quante altre.
Come la "goccia cinese" il venticello della calunnia finirà per scavare un solco profondo e la gente presa per sfinimento, finirà per credere, per convincersi, perché il gioco sporco sotto, sotto, piace a tanti.
Cosa accadrà quando infine la menzogna sarà passata per verità assoluta? Il calunniatore ne gioirà ma una volta ottenuto il risultato il becero individuo non proverà che un appagamento fugace, destinato a svanire in breve tempo e la soddisfazione di aver nuociuto a qualcuno avrà presto fame di nuove vittime.
Ed ecco che il circolo vizioso ricomincia. E' un gatto che si morde la coda. Un mostro peloso che mai si sazia. Si può diventare famosi in molti modi: "c'è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare male di sé: il non far parlare di sé" (O. Wilde). Diventare famigerati però è ben altra cosa. Il mondo, per fortuna, non è stupido e per sua natura sa proteggere se stesso dalle infezioni. Ed ecco che un giorno accade. Accade che la gente cominci a capire, a rendersi conto che le cose non tornano, che i pettegolezzi dell'indomito infame cambiano di volta in volta. I bugiardi spesso hanno una cattiva memoria.
"Allora non era come diceva lui..." osserva qualcuno e comincia a farsi strada la luce della ragione ed il pettegolezzo diventa un boomerang assai preciso. L'arma si ritorce contro la mano che l'ha impugnata.
Soffia lo stesso vento che infine non porta tempesta ma una brezza piacevole: l'afflato della verità.
La gente si risveglia, si allontana ed il calunniatore comincia a sentirsi solo. Ad essere solo.
Finché il perdono arriva da qualche parte, forse proprio da quell'amico, quell'unico amico, che ha deciso di guardare oltre la coltre di bugie che per qualche oscura ragione ottenebra la mente del povero cialtrone. La mano sarà protesa, una volta o forse due, ma resterà sempre vuota, poiché il fascino della calunnia continuerà a creare, inventare, concepire ed architettare. Lasciando quella mano vuota una volta di troppo, la solitudine riceverà il suo premio, diventando l'eremo nel quale, il traditore, si sarà chiuso da solo a doppia mandata, rendendosene conto solo quando il mondo fuori lo avrà per sempre dimenticato.

venerdì 4 ottobre 2013

sabato sera

Sovente mi soffermo a riflettere sul modo che le persone, in tempi di crisi, scelgono di trascorrere il sabato sera. Il sabato per la nostra cultura, con dotti esempi che giungono dal villaggio, è considerato un giorno speciale. Il preludio al giorno di festa. Tant'è che la domenica ci piace già meno... perché il giorno dopo si tornare a lavorare.
Considerata la situazione attuale però, credo che tra il sabato e la domenica ormai non ci sia più molta differenza... il lunedì, per molti, continua ad essere giorno di festa.
Comunque... nella nostra mente il sabato è ancora un giorno speciale. Allora cosa fa la gente al sabato sera? Le famigliole escono di casa per andare a mangiare la pizza al taglio o il panzerotto fritto, in piedi, fuori dalla piccola pizzeria che non ha i tavoli all'interno. Papà, mamma e prole al seguito: escono, passeggiata, pizza e birra. Oppure ci sono quelli che la pizza preferiscono mangiarla in auto, con la fidanzata, magari a "pomiciopoli" così dopo la "cenetta" si nutrono di altro, si nutrono di amore. Insomma, in ogni caso, pizza e birra ed il sabato è bello e fatto.
Quello cui ho assistito una sera però batte qualsiasi sabato plausibile: passeggiavo per le vie di Giovinazzo, piccola perla sulla costa a nord di Bari, quando la mia attenzione fu attratta da una coppia di giovani probabili sposi. Lui, sigaretta serrata tra le labbra, intento a pescare dal muretto del lungomare e lei seduta sulla panchina vicina, sulla quale era posto il secchio con le ambite prede. Due in verità. L'espressione della ragazza era un misto di noia e rassegnazione. Lui intento nella pesca non se ne curava affatto.
"Questo è sposarsi?" mi son chiesto osservando la scena, "spero di no!"
Senza volere, rapito, mi fermai un attimo ad osservare la scena. Il "pescatore", forse avvertendo la presenza di qualcuno, distolse lo sguardo dalla canna per voltarsi a guardare me. "Buonasera" mi scappò di dire. Lui, per tutta risposta, mi guardò negli occhi, con la sigaretta sempre fissa tra le labbra, dopo di che mi indicò il secchio. "Si vist?" Mi disse tutto orgoglioso. "Chidd mò l so pigghiat"... aggiunse con la sigaretta ormai ridotta ad un filtro bruciacchiato, riferendosi ai due poveri cefali mezzi intontiti che nel secchio giravano e giravano sperando forse di trovare una via di fuga. "La pastur la fazz ie" disse ancora con rinnovato orgoglio.
Lei, la ragazza, come se io non esistessi, come se il marito parlasse da solo, continuava a tenere lo sguardo fisso verso il mare, verso il tramonto, verso sogni forse infranti di una vita immaginata diversa, forse più emozionante, forse più normale. Allora compresi, complice quello sguardo assente, che la pizza mangiata in piedi, il panzerotto che ti cola tra le dita, la birretta bella fredda, sono tutto quello che può bastare per essere felici.


giovedì 3 ottobre 2013

cinque euro

Ieri sera mi è giunta una 5 euro sulla quale, come un messaggio in bottiglia, qualcuno ha affidato una poesia d'amore... spenderò la banconota perché possa arrivare alla persona cui è destinata:
"Ho guardato il mare stamattina e il vento mi ha portato il tuo profumo; ho chiuso gli occhi e come in un sogno ti ho baciata, una lacrima rigava il mio viso, una lacrima tornava al mare..."

al mare

E' stato come quando la "reclame" in TV interrompe il tuo programma preferito oppure come quando l'edizione speciale del TG irrompe nella tranquilla monotonia della tua vita per darti l'ultima brutta notizia. Ecco.. l'impatto è stato grossomodo lo stesso. Ero disteso sulla "chianca" liscia e quasi comoda a prendere il sole, quando un bagnante, avanti con gli anni, magro e allampanato ha cominciato a suonare l'armonica.
Quel suono piacevole in qualche modo rendeva, almeno per me, la sosta al mare leggermente surreale. Un'armonica a bocca la si sente solo nella colonna sonora dei film western che passano in Tv. O su Youtube. Era un pò come essere su una spiaggia, chessò? Messicana.. magari alla Baia de Banderas. Ed il bagnante suonatore assumeva le sembianze di uno strano elfo: come uno dei personaggi del sogno di una notte di mezza estate. Oppure simile, ma non uguale, al cowboy "armonica" di Leoniana memoria. D'un tratto la musica viene interrotta da un suono gracchiante di corde vocali. Una voce roca e sgraziata, perentoria, invade le note leziose e nostalgiche e dice: "mò, ci jè brutt sta music! Nan put senà na cos chiù allegr?" E' la voce di un altro bagnante, che nulla ha di poetico rispetto al mio elfo. E' fin troppo terrestre e palese, tipico rappresentante di una certa umanità. Il vecchietto impertubabile, smette di soffiare nello strumento e risponde al bagnante: "la musica non è brutta, la vita è brutta, ma siamo noi a renderla brutta e tu sei sclerotico e non te ne accorgi". Continuo a prendere il sole, vorrei dire due parole in difesa di "armonica" ma dopo cinque minuti vedo i due protagonisti di questo siparietto tragico e grottesco al contempo, fare il bagno insieme. Sorrido e mi ricordo di non essere alla Baia di Banderas ma alla spiaggia del mio quartiere. 

ospedale

Passare il tempo in ospedale è davvero utile. Guardi le cose ed il mondo da un'altra prospettiva ed impari a dare un peso differente alle sciocchezze che ti fanno tanto arrabbiare. Assistevo mia zia, in un reparto donna, bontà del personale medico, anche di notte (sebbene non mi trattenessi in camera se non strettamente necessario). Una poltrona con la fodera strappata e l'imbottitura di spugna a vista, presa in prestito dall'ingresso, costituiva il mio scomodo giaciglio. Il tempo trascorre osservando scene di varia tristezza. Il frate che da i conforti religiosi ad un'anziana signora in procinto di partire, il vecchietto appena ricoverato in balia del tremolio convulso , la ragazza che piange disperata perchè vorrebbe tornare a casa e chi attende sulla barella in attesa che si liberi un posto letto. In tutto questo purgatorio ad un tratto scopro un angolo di paradiso: i distributori automatici. 
Merendine di ogni tipo, bibite e succhi di frutta. Caffè, cappuccino, cioccolato e orzo. C'è tutto. Ma devi essere munito di spiccioli perché altrimenti non troverai nessuno disposto a cambiare. Il personale ha la chiave e con quella fa tutto. Se non fai come me che porto gli spiccioli da casa potresti ritrovarti a pensare: "cosa darei per avere quella chiave". Poi ti accorgi che gli incarti e le lattine vuote vengono lasciate dappertutto ed il piccolo paradiso, a causa della maleducazione, diventa fonte di inquinamento ospedaliero. 

biagio

La signora, arenata sulla panchina del lungomare, mi vide arrivare a spasso  con il mio cane che, come è solito fare, bada esclusivamente ai fatti suoi. Una annusata a questo palo della luce, dopo una ad una certa parte del marciapiede che, per motivi noti solo a lui, attira l'attenzione del suo olfatto. Vedete, Biagio, è un cane tranquillo e proprio come il suo padrone è attratto da poche cose; tra queste le parti intime delle femmine della sua specie ma non di certo da quelle delle signore grasse precipitate sui muretti o sulle panchine del lungomare. 
Mentre il mio cane continuava a badare ai fatti suoi la signora era sempre più vicina. D'un tratto, pur essendo ad un metro buono di distanza, la grassa madame, colta da crisi di panico mi urla: "Scusa ti puoi allontanare?" Ed io.. "signora sono già lontano" E lei: "Ho paura del cane... " La guardo basito, vedendola dimenarsi in un attacco di paura certamente teatrale ma del tutto ingiustificato. Biagio intanto continua ad interessarsi all'odore sul marciapiede, probabilmente la minzione di qualche cagnolina, mentre ancora ignora la signora... 
nel bel mezzo della sua annusata e mentre Biagio continuava ad ignorare il resto del mondo, compresa l'inutile crisi isterica della cicciona, ecco giungere un signore anch'esso panciuto, peloso ed in canottiera che mi guarda e con fare intimidatorio mi fa: "giovane, vuoi allontanare il cane che sta spaventando mia moglie?" Ed io "guardi che sto passando..." E lui "se uno c'ha paura, c'ha paura.." La scena mi appare davvero surreale, tutto questo sbracciarsi per allontanare un cane buono e tranquillo per nulla interessato agli attori di questa commedia ma solo alle sue annusatine. Alla fine, inevitabile, la frase mi sgorga dal cuore, si fa strada da sola ed esce dalla bocca: "signora... che u can non te sta a penz propr". Tiro leggermente il guinzaglio e Biagio, ormai concluse le sue "indagini olfattive", si allontana con me scodinzolando allegramente.

il saluto

Passeggiavo per le vie del mio quartiere. Era pomeriggio, un pomeriggio di quelli "uggiosi"... in cui non succede nulla. Ero a spasso con il mio cane, quando incontrai un uomo. Una persona di quelle che ogni tanto incontri e che saluti per inerzia. "Ciao..." gli dici e "Ciao, ciao..." ti risponde. Come se il saluto ribadito servisse a dare più forza al saluto stesso. Cultura barese, che ha un senso solo a Bari. Quando vuoi sottolineare un concetto lo ripeti più volte. Per fare un esempio: "sono andato là, che sono andato..." L'uomo piccoletto, magro e ingrigito dal tempo, rispose quindi al mio saluto. L'ometto si avvicinò. Credevo che la cerimonia dei saluti, come al solito, si sarebbe conclusa lì e come sempre, ognuno avrebbe proseguito per la propria strada. Quel giorno fu diverso: avvenne l'imponderabile, l'imprevedibile... l'ometto aveva voglia di parlare. Si fece sempre più vicino, si assicurò che il mio cane non gli avrebbe abbaiato contro, e quando fu a due passi da me, mi guardò dritto negli occhi e mi chiese: "A Giovinazzo sta piovendo?" "Io sto qua" gli risposi. E mi lasciò con il dubbio... ma a Giovinazzo starà piovendo?

il tempo

Sono le 23,59... cioè praticamente è mezzanotte, ma quel 59 mi rende la sensazione di essere ancora nella giornata di ieri. Non oggi e ne domani: ieri. Ecco... adesso sono le 0.00. E' mezzanotte. Adesso è "oggi". Che faccio? Devo cercare di dormire oppure esco di casa. Non in mutande per carità... mi vesto e poi magari esco. Così comincio oggi da qualche parte dove non sia stato ieri. E dove certamente non andrò domani. Poi ci penso e decido di non uscire. Non voglio anticipazioni sul futuro, cioè sull'oggi che diventerebbe domani se adesso mi addormentassi... alla fine ho deciso di dormire. E' trascorsa la notte. Al risveglio mi son trovato a tutti gli effetti nella giornata di oggi. Ma poi mi fermo un attimo a pensare e un dubbio mi coglie: se dopo la mezzanotte era già oggi, ed oggi sarebbe stato oggi anche se non avessi dormito ieri... allora adesso cos'è? "Domani"? Angoscia: se così fosse non mi sarei risparmiato la noia di anticipare il tempo e quindi di raggiungere il futuro. E se adesso è domani... mi sono perso "oggi". E' una pazzia. Ho saltato un giorno e non me ne sono accorto. A meno che oggi non sia la prosecuzione di ieri. E quindi oggi è ieri. No, no... sto facendo un macello. Mettiamola così: oggi è adesso, ieri è passato, domani verrà. Di conseguenza mi basterà stare sveglio stanotte per mettere tutto a posto. No.. se resto sveglio stanotte sarò punto e a capo. Allora sai che c'è? Mi vado a leggere il calendario cinese che, essendo un calendario lunisolare, conta gli anni a cicli di 60 anni. Ganzhi!!!
E non se ne parli più.  

il viaggio

Non è la mia città. Mi succede spesso di spostarmi per lavoro. Ed oggi sono qui. Le città non sono poi così diverse ed ovunque si assiste a scene di varia umanità: ma questa mi mancava. Sono arrivato con un'ora di anticipo, nell'attesa che vengano a prendermi passo il tempo fuori dalla stazione. Osservo un uomo con la barba folta, malmesso in quanto ad abbigliamento ed una signora piuttosto originale, di colore, capelli folti e ricci con addosso una specie di lenzuolo bianco avvolto a mo' di tracolla su un vestito nero. Mi avvicina e mi chiede una sigaretta. Le offro la sigaretta e mi ringrazia in maniera inaspettata: "grazie messere". Tempo un minuto e le sigarette offerte diventano tre: c'è l'uomo barbuto e subito arriva anche un giovane, credo, marocchino. Mi allontano di qualche metro ed una ragazza piuttosto carina mi chiede degli spiccioli per un ipotetico biglietto del treno. Le do quello che posso. Mi fermo a fare chiacchiera con due viaggiatori e noto una bicicletta alla catena, attaccata ad un palo, proprio vicina a noi: le manca il sellino. Allora mi viene spontaneo pensare che il proprietario sia un masochista che si diverte così... 
La signora di colore, con i capelli ricci e le lenzuola addosso, ad un tratto si siede per terra proprio davanti all'ingresso della stazione. Comincia a disegnare con la mano delle scie invisibili sul marciapiede. Come fosse un "madonnaro metafisico": senza gessi e senza colori. La guardo muovere la mani con ampi gesti delle braccia mentre parla a bassa voce: non sento cosa dice. Passano tre agenti di polizia e con modi gentili le dicono di alzarsi. La signora si alza e si allontana. E' tornata la ragazza carina, continua a chiedere soldi ai passanti per il suo biglietto. Qualcuno mi informa che quel biglietto non lo comprerà mai. Intanto mi hanno telefonato, devo prendere un trenino per raggiungere la mia destinazione, dove troverò la macchina con chi verrà a prendermi. Faccio il biglietto e prendo il treno che parte subito. Mi siedo e benché il tragitto sia breve mi immergo nella lettura del libro che qualcuno mi ha regalato. Il titolo reca in se un grande rimpianto considerando la situazione. Ad ogni modo il racconto mi ha preso al punto tale di non accorgermi di essere arrivato. Continuo a leggere ed il treno riparte. Ho saltato la mia fermata. Chiudo il libro mentre il treno riparte ed un dubbio mi assale: era forse la mia? Mi alzo e chiedo al controllore seduto nel suo stanzino, accanto al mio scompartimento. Mi conferma che era proprio la mia. Mi dice di scendere a quella dopo e di aspettare il primo treno per poter tornare indietro. Così faccio. Scendo, vado ad informarmi circa l'ora, per fortuna devo attendere non più di mezz'ora, e faccio il biglietto. Vado al binario e li c'è altra gente, altra vita ed altre storie di varia umanità. Mentre attendo sulla panchina, continuando a leggere il romanzo colpevole di tanto sbattimento, vedo fermarsi un treno. Che apre le porte. La voce dall'altoparlante ci informa che il treno è fermo per un problema e che non si deve salire. Arriva di corsa un ragazzo di colore, con una valigia grossa e, presumo, pesante. Non parla bene italiano e non ha capito che non è il suo treno. Affaticato si avvicina e cerca di salire ma viene fermato dal capotreno fisso sulla porta. "Questo non raccoglie passeggeri" il ragazzo non capisce e mostra il biglietto insistendo per imbarcarsi. Il capotreno lo redarguisce in malo modo. "Non devi salire!!!" Alla scena assistono anche un gruppo di signore. Intanto il treno chiude le porte e riparte. I commenti del gineceo non si fanno attendere. Sono tutte donne nordiche e tutte incazzate con l'uomo delle ferrovie. "Poteva anche spiegarlo a quel ragazzo..." dice una "è proprio uno stronzo" commenta un'altra. Tutta questa solidarietà mi fa riflettere e pensare a tutte le accuse di razzismo che da sempre noi del sud appioppiamo alla gente del nord. Qui c'è giustizia ma di razzismo nemmeno un'unghia. E' bello vedere sfatati i luoghi comuni. Mentre osservo e rifletto arriva una ragazza di una bellezza straordinaria. E' scura anche lei, forse brasiliana, ottomana o non so cosa. Ha una gonna cortissima che le copre a malapena il culo. Gambe meravigliose lunghe e precise. Una camicetta poco generosa, al contrario della gonna, nella scollatura. Mi siede affianco sulla panchina dove ho fatto base. La osservo un attimo e le guardo il volto. E' bella davvero ma ha un'espressione triste. Di colpo scompare il mio interesse per le gambe e resta quello per quel viso triste, provato chissà da cosa, rabbuiato da chissà da quali problemi... e di colpo qualsiasi umano pensiero di gallo latino scompare come per incanto. E' arrivato il mio treno. Mi alzo, rivolgo un ultimo sguardo alla dea triste e riesco solo a pensare: "in bocca al lupo ragazza. Abbi cura di te". Salgo sul treno e parto. 

l'iniziazione

Benchè la birra fosse freddissima, da gelo polare artico, l'uomo guardò il barista e gli chiese guardandolo in cagnesco: "Iè fresck?" Il barista annuì senza parlare e l'uomo sicuro di se aggiunse: "ah mè".
Dopo prese la bottiglia con una mano tenendo il mignolo alzato, infilò l'indice dell'altra nel collo della bottiglia ritirandolo velocemente tanto da provocare un suono simile ad un piccolo scoppio. Infine, alzato il braccio, cominciò a trangugiare avidamente la bionda bevanda. Appena ebbe finito di bere la sua birra ghiacciata, l'uomo chiese con fare perentorio: "quand iè?" "un euro e ottanta" rispose il barista senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro. L'uomo infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e ne tirò fuori cinque euro maltrattate. Guardò la banconota, fece due conti mentalmente, poggiò i soldi sul bancone e, con tono greve, esclamò: "damm n'ald".
Presa la bottiglia, si assicurò di nuovo che fosse fredda, questa volta senza chiedere, si accontentò di poggiarla un attimo contro la fronte. Ripetè il rituale del piccolo scoppio e cominciò a mandarla giù con la stessa cupidigia. Mentre gustava il biondo nettare una bambina di circa sei, sette anni entrò nel bar raggiungendo l'uomo vicino al bancone. Compresi che si trattava di sua figlia, o comunque di una congiunta, vista la confidenza con la quale la piccola gli strattonava i pantaloni. Probabilmente, come ogni bambino, voleva che le comprasse qualcosa: un gelato o una bibita gassata. L'uomo smise per un momento di bere, distolse lo sguardo dalla bottiglia e lo rivolse alla bimba. La guardò e con fare poco paterno le chiese: "vu la birr?"
La bambina guardò l'uomo e, cotanta figlia di cotanto padre, rispose alla proposta con un'esclamazione che ha un senso solo a Bari: "la biiiirrrrrrr!!!" Fu allora che mi intromisi in quel rustico quadretto familiare. "Forse la bambina vuole un'aranciata". L'uomo mi guardo con la più grande sicumera di questo mondo e rispose: "l'arangiat? E c'ha ma fa c l'arangiat? La birr". Anni di iniziazione mistica, tramandata di generazione in generazione scesero in campo e nulla poteva essere diverso da quel che appariva. Chiesi scusa per il mio intervento, bevvi il mio caffè, pagai e lasciai il bar: avevo compreso che un evento iniziatico non deve essere disturbato. 

per amore

Succede all'improvviso. Una mattina ti alzi di buon'ora e vai a correre. Ti stupisci di te stesso e, nonostante il massimo dell'attività fisica cui sei abituato sia masticare, lo fai a prescindere. Poi torni a casa e ti butti giù per terra a spaccarti con gli addominali. Quando è stata l'ultima volta che ti sei preso questa briga? Sei, sette anni fa? Forse... quando andavi in palestra di arti marziali sentendoti un perfetto idiota impegnato nell'arte di sferrare pugni e calci che tanto non sferrerai mai a nessuno, pacifico come sei. Gli addominali... vorresti fare tre serie da quindici ma ne fai due da cinque. Dopo fai la doccia e poi la colazione. E la colazione diventa improvvisamente "sana". Il croissant super farcito di crema e marmellata lascia il posto a una striminzita e triste fetta di pane carré con sopra spalmato un timido velo di marmellata, talmente timido che quasi si scusa per la sua presenza. Il cappuccino scompare anch'esso e ti accontenti di bere una tazzina di caffè: quello che fai tu che come tutti sanno fa piuttosto schifo. Il passo successivo è il più pazzesco: butti via il pacchetto delle sigarette. Ti vesti e, udite udite, fai qualcosa che non accadeva dall'elezione dell'ultimo papa. Porti a lavare la macchina. E' una bella giornata e come sempre accade quando è una bella giornata non sei l'unico ad aver portato l'auto a lavare. Prima di te ci sono altre ventisei persone. Prendi il giornale mezzo bagnato, la gazzetta, ti armi di pazienza e cominci a leggere le notizie in cronaca, ma finisci sempre sulla pagina dell'oroscopo. Scorgi un altro signore in attesa che ha in mano una rivista. Non te ne frega niente di quella rivista, ma ce l'ha in mano un altro e quindi la vuoi. Aspetti un pò e infine fai la faccia tosta: "posso dare un'occhiata?" A sua volta l'altro, anela la gazzetta nelle tue mani. Non che gli freghi qualcosa del quotidiano, ma ce l'hai in mano tu e quindi lo vuole. Avviene lo scambio. A questo punto il giornale lo leggi perché se no pare brutto tenerlo in mano e basta dopo averlo scambiato. Finalmente, dopo tre ore, hai l'auto pulita e splendente anche se asciugata male. Non apri i finestrini pur morendo di caldo altrimenti la risalita provocherebbe quelle fastidiose strisce che segnerebbero il vetro per sempre. Torni a casa per il pranzo e ti fermi finalmente per un attimo. E ti chiedi: "per quale motivo ho fatto tutto questo?" La risposta arriva fulminea. Perchè sai che stasera la rivedrai... pranzi leggero poiché intanto, non contento, ti sei messo a dieta. Fai una pennichella per essere sveglio durante la sera. Il tempo passa in fretta (ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole) ed è subito sera. Ti prepari: barba, doccia, profumo ed il vestito migliore. Sei perfetto. Sai che la rivedrai. Immagini per l'ennesima volta come tante volte hai fatto il momento in cui accadrà. Sai già cosa dirle, hai provato la scena tante volte nella tua testa, sei sicuro che saprai cosa dirle. Esci di casa, prendi l'auto con i cristalli lindi e puliti. Finalmente ne apri un uno. Arrivi al luogo dell'appuntamento, aspetti per mezz'ora, "ci sta aspettare" pensi "le donne perdono tempo a prepararsi (tu no? E' da stamattina all'alba che rompi il cazzo), attendi felice fino a quando, trascorsa un'ora prendi atto della pura e semplice verità: lei non c'è e non verrà. Lo sapevi sin dall'alba. Lei non ti ha telefonato e nemmeno tu l'hai chiamata. E' avvenuto tutto nella tua testa, per una sorta di premonizione, di sensazione... sai quelle sensazioni così autentiche, così certe? E ci hai creduto davvero. Ma adesso la realtà impietosa e schietta ti riporta sulla terra e ti richiama all'ordine. Lei non verrà. Allora fumi quella sigaretta tenuta nel cruscotto per le emergenze, tiri un sospiro, metti in moto l'automobile e torni a casa. Forse quel film che volevi vedere alla TV non è ancora finito.
E' trascorsa una settimana durante la quale ti sei spaccato di ginnastica: camminata, addominali (che sono arrivati a due serie da dieci), dieta ferrea e conseguenti colazioni tristi. Alla fine decidi che non fa per te, che non ne vale la pena. Meglio la "birrozza" la sera accompagnata da un bel panzerotto fritto. Passano i giorni e la mattina non ti svegli più all'alba per andare a correre e l'automobile ha di nuovo una comitiva di acari che ha messo su casa. Intanto tu hai ripreso a fumare regolarmente. Ti lavi perchè è necessario ma smetti di sbarbarti. 
I vestiti ricominci a sceglierli a caso dall'armadio facendo "ambarambàcicicoccò" Risultato? In breve tempo sei di nuovo sciatto e disordinato ma con una parvenza di felicità e spensieratezza illusoria. Ma va bene così. Esci, sono le dieci del mattino, il mondo è da un pò che già si sbatte per produrre qualche soldo, mentre tu sei in bolletta sparata da un lustro buono. Arrivi al bar, ti appoggi pesante al bancone. Hai la barba lunga e non hai messo il gel tra i capelli. Sei belloccio comunque ma tutto il tuo bell'aspetto è andato a farsi benedire, nascosto sotto la coltre fitta di disordine e sciatteria. Chiedi un cornetto ben farcito, anche la dieta ormai è solo un ricordo, ed un cappuccino cremoso. Ed è allora che succede, proprio quando non te lo aspetti, proprio quando hai ormai rinunciato a crederci... lei! Lei... è proprio lei. E tu sei un disastro. Si avvicina e ti guarda. Ti riconosce e ti saluta. Tu vorresti fingere di essere il tuo fratello gemello disorganizzato, ma non puoi perché lei sa che non hai gemelli. Allora balbetti un "ciao". E' tutto quello che riesci a dire. I discorsi preparati nella tua mente svaniscono, come per magia. Magia nera. Sei troppo mal messo per tentare un approccio. Allora paghi la tua e la sua consumazione con gli ultimi soldi rimasti in tasca, almeno cerchi di rimediare al tuo aspetto triste e malconcio. 
Lei ringrazia, sorride e se ne va. Tu resti nel bar.. guardi il barista e, in un disperato atto di liberazione, urli: "E che cazz!!!" Così è la vita. 

la barba

Farsi la barba è uno di quei piaceri maschili, intimi e personali. Ognuno ha la sua tecnica. Chi fa solo pelo (perché se no si irrita la pelle) e chi fa pelo e contropelo (se no la pelle non viene bella liscia). C'è chi usa la schiuma (al mentolo) e chi usa la crema ed il pennello (massaggia la pelle). Chi usa il Gilette e chi il Wilkinson. Insomma ognuno ha le proprie abitudini e preferenze. Farsi la barba è un momento dedicato a se stessi che ogni uomo cura, in modo o nell'altro, con attenzione. Ed è proprio in quel momento che tutti devono usare il bagno. "Un attimo!" Intimi a voce alta, mentre ventisei persone sono fuori della porta a bussare con insistenza. Ti distrai, ti innervosisci e perdi la concentrazione. La sensazione è la stessa di quando sei sotto la doccia e ti suona il telefonino, sei bagnato, insaponato, non vorresti farlo ma lo fai: prendi il telefono e rispondi. E lui ti scivola di mano e finisce nell'acqua. E butti un blackbarry appena finito di pagare. O come quando ti cade la fetta di pane per terra, giusto dalla parte con la marmellata. Ecco: la sensazione è la stessa. Sei lì alle prese con quella barbetta corta e quasi invisibile arroccata sotto il labbro e devi fare attenzione perché in quel punto la pelle è delicata. Giusto allora ti bussano alla porta. E fino a poco prima tutti a fare altro. Chi a guardare la TV, chi a leggere, chi a stirare... ma basta poco, cominci a raderti ed ecco che tutta la casa ha bisogno del bagno. 
Quel passaggio tanto delicato della lama diventa repentino, incontrollato. E zak! "Chietemmurt!" ti tagli. 
Un piccolo rivolo di sangue prende a colare dal labbro. Le parolacce si sprecano, dai fondo a tutto il repertorio conosciuto ma il sangue non vuole coagulare. Ti domandi come possa uscire tanto sangue da un taglio così piccolo. Però esce, copioso (come ha visto fare ad un altro taglio) e va a finire nel lavandino. E mentre con una mano tieni il batuffolo di ovatta sul taglietto, con l'altra apri l'acqua per far scorrere via il sangue. E intanto continuano a bussarti alla porta. Finalmente il taglietto si chiude, hai fatto una barba di merda, il tuo momento intimo è andato a farsi friggere, quindi non ti resta che sciacquare la faccia e uscire dal bagno con intenti omicidi. Apri la porta... stai per dire una frase ad effetto tipo "ecco il bagno è tutto vostro" ma non lo fai. Non ti è concesso nemmeno questo... perché dietro la porta non c'è nessuno. Esci e guardi per le stanze. Sono tutti usciti. E' chiaro. Adesso il bagno è di nuovo libero e quindi, per naturale conseguenza, non interessa più a nessuno.

il furbo

La gente è incredibile: crede a tutto. In un mondo di scaltri, o presunti tali, in cui ognuno si crede furbo, "dritto" o più astuto degli altri, basta mettere in piedi il teatrino dello spettacolo per capire quanto gli scaltri siano in realtà dei "boccaloni". E credono proprio a tutto. E non parlo dell'onesto inganno del prestigiatore che, in fondo, si sa che ti frega ma di farse molto meno tecniche, molto più palesi, talmente tangibili che la fregatura è li sotto gli occhi, messa in scena senza nemmeno curarsi più di tanto dei dettagli come farebbe invece un accorto prestigiatore. Allora capisci che in questo mondo di scaltri poi tanti furbi non ce ne sono e se qualcuno li frega con la farsa mal celata, figurati cosa personaggi truffaldini gli propinano nella vita di ogni giorno. Io non sono furbo, non sono scaltro, lo dico sempre, nonostante il mestiere che faccio, no... a me chissà quante volte mi hanno fregato... perché si sa: tanto Max non è furbo. Non che mi dispiaccia, trovo che la furbizia non sia altro che una toppa messa al posto dell'intelligenza. No, io non sono furbo e non sono nemmeno scaltro. Per fortuna.

il supereroe

Come è cominciata questa follia? Come ho fatto a ritrovarmi qui di notte, fuori di casa a prendere freddo inutilmente ed a perdere preziose ore di sonno? Proprio io che sono sempre stato in buoni rapporti con Morfeo? 
Vediamo, forse tutto è cominciato nell'età del gioco. Da bambino leggevo i fumetti di Spiderman. E di Superman e di Bat Man. Crescendo ho continuato a leggerli e, cosa peggiore, a guardare tutti i film sui supereroi: moderna mitologia cinematografica. Certo, i film epici di un tempo, quelli della serie "Maciste nella valle di..." non avrebbero potuto instillare in me un tale delirio supereroistico. Proprio non mi ci sarei visto con un gonnellino di pelle buono a coprire solo le vergogne, lasciando in vista tutto il resto: un fisico ossuto e mingherlino. La tutina di nylon aderente, invece, lasciava intravedere delle possibilità.
La prima volta che mi son vestito da Superman fu quando avevo sedici anni. Occorreva un vestito per una festa di carnevale, dove andai con gli amici, alla fu sala Dante di Bitonto. Bastò prendere dal cassetto un pigiama azzurro, comprare una mutanda rossa di qualche taglia più grande, della fodera per il mantello e dei calzettoni di lana per simulare gli stivali, mentre le "S" le disegnai da me sul cartoncino. Il risultato? Quasi perfetto. 
Unica frustazione... il fatto di non saper volare. La festa in maschera andò bene, fui anche abbordato da un uomo vestito da donna: fuggii in tempo con la super velocità. Una anno dopo la tutina-pigiama la regalai ad un parente (cui abbisognava un costume per una festa di carnevale) e quella fu l'unica volta che, indegnamente, vestii i panni di Superman. Come vi dicevo, in tutti questi anni non mi son perso un film di super eroi e dopo averli visti tutti, un giorno, mi è venuta l'idea di replicarne, ma sul serio, le gesta. Ho comprato una tutina nera di quelle che usano i ciclisti, gli ho cucito sul petto una "M", ho adattato un passamontagna e mi son trasformato in MEGAMAX. 
Proprio come nei fumetti: "di giorno tranquillo cittadino e di notte indomito giustiziere".

E così eccomi qui, vestito da super eroe, nella tutina aderente, pronto a pattugliare, di notte, tra le vie della mia città. Anche all'automobile è toccato qualche ritocco. Mi sono rivolto a uno che conosco, sono anni che si ridipinge l'automobile da solo, e le ho fatto assumere un cipiglio cattivo. Nera, naturalmente.. era bianca. Sporca.. ma bianca. Povera Y... lo spoiler attaccato sul tetto glielo potevo risparmiare... ma l'artista dice che funziona. Fa molto "super Automobile". Per fortuna è rimovibile... così anche la macchina avrà la sua doppia identità. Adesso sono pronto: ho pure la "Megamax Mobile".

Prima ronda notturna: come vi dicevo eccomi a prendere freddo. Sto pattugliando le strade del mio quartiere dove in realtà non accade mai nulla. La tutina da ciclista, trasformata in divisa, è bella ma non ripara dalla brezza notturna. D'un tratto odo delle voci. Urla concitate.. finalmente succede qualcosa. Si litiga da un balcone a un cortile. Non ho compreso i motivi, ma decido di intervenire. Raggiungo l'abitato. Il tizio sul balcone intanto è sceso nel cortile. Con cattive intenzioni. Si scaglia sul vicino, il vicino (che è sempre più vicino) immaginando il peggio prende un bastone per difendersi in quanto quello del balcone è parecchio più grosso. I due si lanciano uno contro l'altro... ed ecco MEGAMAX fare la sua prima apparizione! TADAAAA!!! 

Sembra proprio la scena di un film: il super eroe mascherato che fa la sua entrata in scena tra lo stupore dei presenti. Ma questo non è un film. Il grassone mi guarda ed esclama: "mo ci iè stu tremon?" L'altro tizio invece, bastone alla mano, si dimentica dell'avversario e decide, evidentemente, di usare la mazza contro di me. "Sono MegaMax" gli dico a voce alta e fiera, sperando di intimorirli e al contempo calmare i loro cattivi propositi. "Eh a te.. megacazz" mi urla il tipo allamapanato "mò ce non te ne va ti ha romb u melon". L'invito a lasciarli alle loro controversie è piuttosto esplicito. Come fare a non accettarlo? Decido di optare per una ritirata strategica, mi volto e guadagno l'uscita. Almeno non si sono più pestati. Prima missione riuscita. 

La notte è ancora giovane, decido di andare in pattugliamento a Bari. Entro nella MegaMax Mobile (la mia Y ripittata di nero con l'aggiunta dell'improbabile spoiler sul tetto) e metto in moto. Parto alla volta di Bari. La strada è quasi deserta, in dieci minuti arrivo a Bari. Dove trovo, alle porte della città, un posto di blocco. Naturalmente, con l'auto in queste condizioni ed avendo un passamontagna sulla faccia, gli agenti mi fermano. "E lei che ci fa conciato così? Patente e libretto e si tolga quell'affare dalla testa". "Guardi" provo a dire "non me lo posso togliere, sono un super eroe.. sa.. per l'identità segreta"... "identità segreta? Ma lei sta scherzando?" L'agente evidentemente spazientito, mi invita ad uscire dall'auto. Il passamontagna lo tolgo immediatamente di mia sponte. "I documenti vengono passati al vaglio degli investigatori" come dicono nei film. "Ci segua in caserma. Lo sa che è vietato andare in giro con il volto coperto? Lei deve essere immediatamente riconoscibile". Questa la sapevo ma speravo che esistesse l'eccezione per i supereroi. E invece niente. Mi sequestrano il mezzo. Il mio unico mezzo. E mi invitano a trascorrere una notte con loro. Il giorno dopo, dopo avermi fatto una bella ramanzina, acclarato che sono un cittadino per bene ed incensurato, mi lasciano tornare a casa. Ecco come si è conclusa la mia carriera di supereroe. Però che figata: nonostante tutto sono stato MEGAMAX per una notte.

la zingara

La notai subito. Stava per entrare nel solito bar. Aveva un aspetto simpatico. Una cara vecchietta con il fazzoletto intorno alla testa annodato sotto il mento. Un pò come fosse la Befana oppure una strega, dato che la Befana puoi vederla in giro solo il sei di gennaio. Oddio, potrei aggiungere che a ben guardare ciò accade anche gli altri giorni dell'anno, ma farei dell'umorismo becero e ciò non è nel mio stile. Finalmente la zingara si decise ad entrare con quella mal celata aria di indifferenza che non bastò a scongiurare la reazione del proprietario del bar il quale, appena la vide, esclamò con furia (non il cavallo): "t na da sci da dò, quanda vold tu so ditt? T na da sciii".
La veemenza con la quale il proprietario del bar cercò di scacciare la povera zingara mi parve esagerata. Senza pensarci due volte decisi di offrire qualcosa alla simpatica vecchina. "Non si arrabbi" dissi al nervoso proprietario "è ospite mia". La signora zingara mi ringraziò, chiese un cappuccino ed un cornetto, quindi nell'attesa, si offrì di leggermi la mano. "Guardi non c'è bisogno" le dissi, ma in realtà ero davvero curioso di sapere cosa mi riservasse il futuro. "No, no, tu sei uno bravo persona", mi disse in un italiano incerto "io adesso ti dica cosa vede"... 
..prese la mia mano sinistra tra le sue mani nodose. Mi distese le dita, accarezzò il palmo. Seguì le linee con l'indice della sua mano destra. Guardò, scrutò... poi cominciò a svelarmi il futuro nel suo italiano claudicante. "Tu sei uno bravo persona". "Tu sei uno persona che spicca". La cosa si faceva interessante. "C'è uno donna bela bruna che ti vole, ma tu stai attenzione..." Detto questo si zittì. Mi lasciò la mano e rivolse la sua attenzione al cappuccino fumante ormai pronto sul bancone. "Beh?" Chiesi incuriosito. "Se tu voi sapere di dona bela bruna, dammi cinque euro". La guardai basito. "Cinque euro?" Chiesi. "Cinque euro" ripetè. La guardai serio e, ad alta voce, le risposi: "t na da sci da dò, quanda vold tu so ditt? T na da sciii!!! Vattinne... "

la maleducazione

Se dovessi rappresentare il fatto come scena di un mio romanzo scriverei così: "Eccoli. Trascorrono la serata sul lungomare, in allegri...