giovedì 12 dicembre 2013

la sendenz

In vernacolo barese con il termine "sendenz", in italiano "sentenza", si intende una sorta di "malocchio", una maledizione da indirizzare verso chi si ritenga colpevole di averci arrecato un dispiacere.
Adesso... so bene che troverete strano il fatto che proprio io, uomo moderno ma soprattutto abile artista della mistificazione, possa proporre un tale argomento.
Eppure l'idea di "mandare" saette a chi ci sta sulle palle è cosa piuttosto comune nel nostro vivere quotidiano. I motivi che possono spingere all'insano gesto sono generalmente dettati dalle solite cose: l'abbandono oppure l'invidia.
Quando una storia d'amore finisce, quali che siano le cause, ci sarà sempre una delle due parti che soffrirà più dell'altra. L'abbandono, benché annunciato, giunge inatteso e quindi è difficile da accettare. Se siete persone equilibrate, certamente soffrirete, ma con un pò di pianti e un pò di rotture di coglioni agli amici, riuscirete a superare la cosa nel giro di qualche mese e non manderete sentenze a nessuno.
Purtroppo esistono persone meno disposte a prendere atto della situazione e in un impeto di odio, incapaci di accettare il fatto che voi possiate avere un altro amore, non vi perdoneranno e auspicheranno per voi il fallimento della nuova storia sentimentale. E non solo di quella. "Che tu possa schiantarti con l'automobile" è uno degli auguri possibili.
"Ti pentirai di quello che hai fatto". Può darsi di si, oppure di no, staremo a vedere. Questo accade perché ognuno è convinto di essere irripetibile.
Nel caso dell'invidia, invece, basta molto meno per scatenare la furia dei "maledizionandi".
Non serve che voi abbiate un rapporto continuativo con l'invidioso, basterà che raggiungiate nel lavoro  qualche risultato importante. E più in alto salirete più la cosa darà fastidio all'invidioso che spesso si cela tra i vostri conoscenti.
"Guarda quello dove va a fare lo spettacolo! Spero che sbagli e che faccia una figura di merda". E altre piacevolezze di questo tipo.
La sentenza è una cosa malvagia, bruttissima e nessuno dovrebbe mai considerarla. Anche io sono stato lasciato, anche io ho visto altri passarmi avanti nel lavoro... ma ho sempre sorriso.
Non ho mai inviato malefici a nessuno; è una cosa che non si fa. Perché qualche volta le maledizioni arrivano a destinazione e fuori strada si va a finire davvero. Io mi sono schiantato con l'auto di recente, uno schianto piccolo per fortuna, senza conseguenze, ma che spavento!!! 
Sorridete sempre al prossimo, sorridete sempre a chiunque. Al/alla compagno/a che vi lascia, all'amico che ha più fortuna... a chiunque. Il bene è la miglior forma di riscatto. La sentenza invece è pura energia negativa che dopo aver colpito il vostro odiato nemico, per una sorta di legge di compensazione voluta dall'universo, riprenderà a viaggiare per tornare indietro e colpire con triplicata forza proprio chi l'ha scagliata. Conviene?

martedì 10 dicembre 2013

la caramella

Qualche giorno fa mentre passeggiavo con Biagio tra le vie del mio paese ho incontrato una cara amica con la quale, come spesso accade, mi son fermato a fare due chiacchiere. In quel mentre si è avvicinata una signora anziana nota alla mia amica. Io l'avevo incontrata qualche volta dal tabaccaio, ma il fatto che avesse avuto da ridire circa la presenza del mio cane, me l'aveva fatta mal giudicare. Noi amici degli animali a volte siamo altrettanto intolleranti verso coloro che non li amano ma non ce ne rendiamo conto. Basterebbe un po' di comprensione reciproca per vivere tutti quanti molto meglio. Comunque, com'è o come non è, la signora tira fuori dalla borsa un sacchetto di caramelle e ne offre una a Giovanna, la mia amica. Dopo di che chiede a me se ne gradisca una anche io.
Adesso, ci sono cose nella vita alle quali non so resistere e una di queste sono le caramelle fatte di gel con lo zucchero sopra: possibilmente all'arancia. Il proprietario del solarium, che aveva l'abitudine di mettere sul banco all'ingresso proprio le stesse, quando mi vede entrare nasconde il vassoio. La signora mi invita a prendere la caramella che desidero e, neanche a dirlo, trovo una di quelle che preferisco. Dopodiché la signora ci ha salutato ed è andata via. Non credevo che l'episodio si  sarebbe ripetuto e invece no: ho incontrato daccapo la signora ieri mattina e di nuovo mi ha offerto la caramella. "Oggi ho comprato queste" mi ha detto "perché ti piacciono".
Lì per lì ho preso la caramella e basta, ma dopo ci ho pensato a lungo.
La gentilezza di questa signora, che compra le caramelle per offrirle agli altri è una piccola/grande lezione di vita. Un gesto all'apparenza così semplice reca in se un grande potere: quello di "aggiustare" la giornata alle persone. Una caramella addolcisce la bocca, ma in questo caso anche il cuore. Quando incontri una persona che a malapena conosci, che ha avuto un pensiero per te, ti rendi conto che il mondo appartiene ai semplici. 
Tutto il male che può venirci fatto scompare grazie a una caramella. Forse l'anziana signora è un angelo sotto mentite spoglie, non lo so, quello di cui sono certo è che una caramella può davvero aggiustare la giornata.

giovedì 5 dicembre 2013

la buona parola

"Sapiente è colui che sa di non sapere" (dall'Apologia di Socrate)

Sono bravo a consolare la gente. Con l'ironia. Se uno è giù di morale la cosa migliore che si possa fare è farlo ridere.

In un paio di occasioni ho dispensato queste iniezioni di ottimismo:

con una ragazza in lacrime 

- "perché piangi?"
- "perché sono brutta ed i ragazzi non mi vogliono"
- "tu non sei brutta: sei bella dentro. Il problema è che non ti si può rivoltare"

con un uomo depresso

-"è un momento no, mi consola il fatto che dopo aver toccato il fondo più giù non si può andare"
-"chi l'ha detto? puoi sempre iniziare a scavare"

E' bello avere sempre una buona parola per tutti.


la bella femmina

Non mi ritengo un uomo fortunato, perché ho sempre vissuto passando attraverso momenti diversi, con risultati alterni. Periodi magnifici pieni zeppi di successo ai quali puntualmente si susseguono momenti complicati. E' come se per ogni periodo fortunato io debba pagare una sorta di tributo al destino. Ciò nonostante ho un buon carattere e vedo il bicchiere mezzo pieno anche se a volte, vi giuro, appare completamente vuoto.
Con le donne invece ho sempre avuto successo. Croce e delizia della mia vita, poiché anche loro, ad un certo punto, me la fanno pagare (non mi fanno pagare quello a cui state pensando, maliziosi che non siete altro!) mutando il loro atteggiamento.
Non ho un carattere perfetto, lo ammetto, probabilmente sono io ad essere incostante, ma come accade per le altre faccende, mi succede di restare solo a fare le spese di "un equilibrio stabile/instabile che crolla al vento di una nuova gloria" (da "l'amore si odia" di Fiorella Mannoia e Noemi).
Quando ai miei amici, o colleghi, presento un'amica la battuta, che ho sentito daccapo proprio ieri sera, è sempre la stessa: "Max, ma tu semb con le bell femmen ste. Lassem qualche cos che t'avanz". Ed eccoci arrivati al punto: la bella femmina.
Frequentare donne belle non è una cosa facile. Sappiatelo: è come un lavoro.
Per quanto la cosa soddisfi oltremodo il mio ego, per quanto il fatto che i signori uomini girino la testa vedendomi per strada con la donna che mi accompagna mi riempia di orgoglio, esiste il rovescio della medaglia.
La bella femmina è e sarà sempre corteggiata. Il gallo latino che vive in ogni uomo italico non potrà fare a meno, appena se ne presenterà l'occasione, di cantare il suo richiamo. E non crediate che questo gallo si scatenerà solo nell'estraneo, perché gli ormoni impazziscono a tutti, amici compresi e quando i comportamenti saranno dettati dal pene e non più dal cervello, dovrete aspettarvi qualsiasi cosa da chiunque.
La correttezza utopicamente raccontata nella canzone dei Pooh "la donna del mio amico" svanisce come per effetto di un nefasto sortilegio e proprio l'amico vorrà provarsi nel tentativo di sedurre la donna che lo attrae, pur essendo la vostra. Il peggio è che l'uomo avvezzo a questi comportamenti ha una visione surdimensionata di se stesso e non si rende conto di essere un poveraccio incapace di nuotare dove l'acqua è più alta.
Le donne, dal canto loro, sono suscettibili a certe attenzioni, e quand'anche non si lasciassero abbindolare ci terranno comunque a mantenere il rapporto con l'ammiratore perché i complimenti, a loro, fanno sempre piacere. Allora occorre stare sul chi vive. Un lavoraccio. Te ne accorgi di quello che sta succedendo e vi assicuro che è una autentica seccatura. Prima o poi si rischierà di degenerare e si dovrà, inevitabilmente, intervenire. Le storie finiscono, le amicizie si interrompono e ti incazzi tantissimo. Per ironia ci si rammaricherà per la grande fortuna che gli altri ti invidiano: il tuo ascendente sulle donne. 
A me è successo, tanto che una volta mi sono fidanzato con una ragazza sotto la media del mio gradimento: carina ma non bellissima. Mi dissi: "forse non devo fermarmi alla confezione" perché "l'essenziale è invisibile agli occhi" (da Il Piccolo Principe).
Le cose non andarono bene. Purtroppo nella scatola non c'era quello che mi aspettavo di trovare.
Fallito il tentativo son tornato a frequentare le stanze della bellezza. Se devo soffrire, almeno, soffro per una donna che rallegra i miei occhi ed i miei sensi. Non importa se le cose poi vanno come vanno perché, come dice il poeta, "essere sedotti ed abbandonati da una bella donna è una grazia che gli  Dei concedono a pochi".

mercoledì 4 dicembre 2013

comunicare virtualmente

"si deve essere un mare per essere in grado di ricevere le acque di un ruscello inquinato, senza diventare a causa di questo a propria volta impuri"
(citazione tratta da un film di animazione)

Succede a volte.. ci si propone di essere "strategici" e di stare zitti a oltranza. Si ingoia. Si sopporta. Però non è facile mantenere un atteggiamento lontano dal proprio essere. L'onestà intellettuale è un peso difficile da portare. Se sei abituato a dire quello che pensi senza nasconderti dietro il dito, prima o poi lo farai. E lo farai ancora. E ancora. Certa gente è abituata a fingere. E riesce a mantenere un atteggiamento cordiale. Però c'è spesso dell'altro. E se tu sei di quelli "sanguigni che la cosa la devono dire, alla fine la dici.
I mezzi moderni di comunicazione come "faccia di libro" per fare un esempio, alterano la percezione del reale. Il fatto di scrivere, anziché parlarsi di persona, falsa la cognizione di quello che, non ce ne rendiamo conto, è meglio tacere. "Chatti" con la persona che conosci ma è come se non stessi parlando con la persona che conosci. Il filtro è forte. Non hai la cognizione del fatto che sta succedendo per davvero.
E si scrivono minchiate oppure grandi verità. In ogni caso quello che l'altro non vuole sentire. Quindi come si potrebbe concludere questa pagina? Consigliando a tutti di lasciare perdere la comunicazione virtuale. Perché contribuisce alla caduta di ogni freno. Soprattutto se avete un carattere schietto come il mio. Ricordate: "le domande non sono mai indiscrete: le risposte lo sono a volte". A scanso di problemi... non fate domande. Le risposte potrebbero non piacervi.


venerdì 29 novembre 2013

la finzione

L'arte del mago è quella di creare una realtà impossibile facendo ricorso al sotterfugio, al trucco, insomma a una realtà illusoria. Questo utilizzo dell'inganno è tuttavia oltre modo onesto, in quanto il mago informa sempre il pubblico del fatto che lo ingannerà. Sarà compito dello spettatore, poi, comprendere che non vi è alcuna sfida alla sua intelligenza ma solo l'intento di regalargli un'ora di incanto e di meraviglia. Eppure esiste chi è capace di compiere inganni veri, che non hanno proprio niente di nobile.
Nella vita come nel lavoro. La fregatura è sempre in agguato e generalmente arriva da chi meno te lo aspetti. Voglio raccontarvi una storia vera e divertente.
E' il ricordo di uno spettacolo svoltosi durante una calda serata estiva in un locale con i tavolini "fuori" vicino a una pedana che fungeva da palco. Prima del mio show c'era l'intrattenimento del musicista che effettivamente era intento a suonare, almeno così sembrava. Il mio amico Fabio, accortosi di una cosa curiosa, mi chiamò indicando cosa il musicista stesse suonando.
- "La tastiera" dissi io. E invece... niente. Il tizio non stava suonando niente. La musica era registrata e il tipo, sfacciatamente, muoveva le mani come se ci fosse stata una tastiera. Che non c'era. L'unica cosa sotto le sue dita era la custodia del mixer e del lettore cd. Un pò nascosta da altri aggeggi sembrava davvero che la tastiera ci fosse. La cosa più divertente (o irritante) è proprio questa: nemmeno il fastidio di mettercela una tastierina, una clavietta, un citofono... niente. E poi sarei io quello che imbroglia? Mah!!!

martedì 19 novembre 2013

il ritorno di kappadicuori

Sono ormai tre anni che il nuovo romanzo è bello che pronto. Lo hanno valutato alcune case editrici e per tutte è pubblicabile. Purtroppo però la figura romantica dell'editore che investe e dello scrittore che scrive sembra essere ormai un lontano ricordo. Oggi lo scrittore si deve auto produrre. 
Il racconto, a differenza del primo "Kappadicuori" pubblicato da "Il filo" dalla forte impronta fantasy, è un giallo dai risvolti divertenti. Mentre Kappadicuori è vissuto dal protagonista su un doppio piano dimensionale, la realtà e la fantasia, il nuovo romanzo si svolge tra le vie di Bari ed è costellato di personaggi molto poco fantasy e molto legati alla realtà del territorio. Max si trova ad avere a che fare con Tonino, un singolare ladruncolo, ma anche con Sara, un affascinante avvocatessa (per quanto le desinenze al femminile nelle professioni siano sbagliate) penalista che avrà la sventura di imbattersi nello stesso personaggio. Al quale però alla fine del racconto... no basta non posso dirvi di più.
In alto a destra c'è un simpatico bottone grazie al quale voi, affezionati lettori dei miei racconti, potrete decidere di fare una volontaria donazione dall'importo che liberamente deciderete, altrimenti che donazione sarebbe? Qualsiasi cifra andrà bene. A cavallo Donato non si guarda in bocca. Se tutti insieme si riuscisse a raccogliere la cifra per pagare la pubblicazione sarebbe una cosa fighissima. Io saprei come sdebitarmi... che ne so: una copia del romanzo in regalo, oppure uno sconto, a chi avrà più o meno donato? E' una cosa, credo, possibile. Ma credo anche che non abbia prezzo il sapere di aver partecipato alla realizzazione di un sogno. 
Il nuovo racconto dal titolo "Kappadicuori ed il mistero dell'automobile traslata" merita davvero di prendere la via delle stampe. Non perché l'abbia scritto io ma perché è forte davvero.
Succede di tutto! Chiunque lo abbia letto si è davvero divertito. Io, se fossi in voi, parteciperei alla realizzazione di questo sogno. Sarà fantastico incontrarci alla presentazione del libro e conoscerci tutti di persona.

la solitudine

"Ognuno è solo sul cuor della terra..." scriveva Salvatore Quasimodo. Ci pensavo perché tempo fa ho scritto due righe sull'argomento.
Le ho ritrovate oggi per caso. Non so perché, non ricordo il motivo, però mi è piaciuto rileggerle ed allora eccole qui...

infine resto solo
solo fra mille abbracci 
solo fra mille sguardi
occhiate furtive che scrutano dentro
alla ricerca di un'anima triste

infine resto solo
solo fra il brusio della gente
solo fra mille sorrisi di un attimo
parole ed emozioni attratte da un incarto dorato

infine resto solo 
prigioniero dei miei sogni
braccato dagli sguardi e dai sorrisi
cercato dalla vita, madre di tante altre vite

sono felice un attimo, un minuto, una vita

infine resto solo

il provino

A chi fa il mio mestiere, prima in gioventù ma succede anche in carriera, accade di andare a tenere dei provini. Oggi li chiamano "casting" ma sempre quello sono: provini. Quando dico "il mio mestiere" non intendo il "mago" e basta ma piuttosto tutte le professioni del variegato mondo dello spettacolo. 
Essendo uguale il prodotto finito, vale a dire l'intrattenimento, tutti gli artisti di conseguenza, fanno lo stesso mestiere. Perché si fanno i provini? Le ambizioni sono sempre le stesse e tutte portano alla ricerca della notorietà. Ma quando si arriva al primo, fatidico provino?
In principio è la "gavetta" che, in poche parole, siccome sei giovane e non ti caga nessuno significa andare a fare spettacoli in posti di merda: gratis o sottopagato e qualche volta imbrogliato.
Certi organizzatori che sovente fanno un altro lavoro che non c'entra niente con lo spettacolo, trovano in queste giovani leve il pane quotidiano. Con la scusa del "devi fare esperienza" convincono il nuovo artista a esibirsi in condizioni precarie, condizioni che un professionista non accetterebbe mai.
In ogni caso il giovane, lungimirante, si esibirà ugualmente perché quando fai uno spettacolo in un quartiere rionale, con il pubblico spalla a spalla, su una pedana di due metri per due che ospita anche il tastierista e la cantante... beh... altro che compenso: quella è sul serio esperienza.
Con il tempo, il nome comincia a girare. Ci si distacca dagli organizzatori alla buona e si comincia a rispondere a telefonate un pò più serie. Non proprio serie, serie, ma almeno non totalmente idiote. 
La pedana di due metri per due scompare e al suo posto compare il palcoscenico. La festa di piazza, la sagra paesana, il festival canoro... cose così. Il giovane intanto ha vinto la timidezza di chiedere il compenso e non si fa più fregare. Qualche soldo comincia a guadagnarlo.
Finalmente qualcuno lo informa che a breve ci sarà un provino. I casting servono per partecipare a un programma TV. Lui ci crede poco, si accontenta del suo giro di feste, ma il verme della notorietà comincia a farsi strada nella sua testa. C'è sempre qualcuno che ti convince che "devi andare in televisione". Arriva il giorno e l'artista si presenta carico di speranze al suo esame. Dopo l'attesa insieme con altri giovani nella sala adiacente giunge il suo turno e viene chiamato: Entra nello studio. L'atmosfera è surreale, strana per lui che è abituato ad avere le folle a stretto contatto ed è strano per lui trovarsi in uno studio vuoto, con solo due persone di fronte, sedute ad una scrivania, più una terza che riprende con la telecamera, è davvero una cosa strana. Lo fanno mettere sul punto rosso, quando c'è. Una signora gentile gli fa alcune domande: "come ti chiami, cosa ci farai vedere, cosa ti aspetti e dove vorresti arrivare?" Il ragazzo risponde diligente e finalmente può fare il suo numero. I due osservatori lo guardano... intanto l'esibizione di pochi minuti giunge al termine. La signora gentile sorride e dice: "molto bene, grazie, ti faremo sapere". Congedandolo. Il "ti faremo sapere" è una delle cose più odiate e ricorrenti nella storia dei provini. E' la frase che l'artista si sentirà ripetere ogni volta che ne farà uno. La frase travestita da promessa, in realtà non promette niente e non garantisce che qualcuno farà davvero sapere qualcosa. Allora il giovane torna a casa un pò confuso. Non sa se deve ritenersi soddisfatto e si chiede se ha fatto bene e se poteva fare meglio. Allora prende l'agenda e si ricorda che all'indomani deve andare a fare una festa. Ed è così che lo spettacolo continua.

La televisione, quella seria, giunse nella mia vita quando avevo appena 23 anni. Nessun provino, solo un colloquio conquistato a suon di telefonate. Il mio primo contratto. I provini son venuti dopo. Ho lavorato molto per la televisione: altre due rate ed ho finito di pagarla. Non sempre i provini sono meritocratici. Andare in televisione non significa diventare famosi. Ti lasciano giocare un poco e dopo, quando raggiungi quel limite che non devi valicare, ti rimandano a casa. Altrimenti rischi sul serio di diventare famoso. E se la cosa non è previsto che accada state certi che qualcuno farà in modo di non farla accadere. Il più sveglio lo comprende e lascia fare, così in TV ci tornerà a più riprese, pur non vincendo mai. Ogni apparizione fa curriculum e ogni video finirà nel suo "showreel", quello che l'artista metterà sul proprio sito. Il meno furbo invece si incazzerà tantissimo, si lamenterà e non sarà più chiamato. Allora uno dice.. ma ha senso farli i provini? Non lo so... penso di si. A patto di restare con i piedi per terra. In fondo non si sa mai: anche a quarantanni può capitare il provino giusto. 

martedì 12 novembre 2013

una manovra sbagliata

Quella che sto per raccontare è una storia realmente accaduta alla quale, ciò nonostante, faticherete a credere. Circa vent'anni fa, anno più, anno meno, avevo una Austin Metro modello "Surf". E' stata la mia prima automobile. Fu acquistata nuova da mio padre quando la sua Renault 5 dopo anni di onorato servizio (prese il posto della sportivissima Lancia Fulvia Zagato) decise di riposare per sempre.
Alla soglia dei 60 mila chilometri l'Austin fu "abbandonata" da mio padre in quanto aveva deciso di darla a me perché lui non se la sentiva più di guidare. Necessitando di un'automobile, patentato da poco, fui ben contento di adottarla. Sistemati gli ammortizzatori che nel frattempo erano andati giù e qualche altra cosetta, la fidata Austin Metro divenne la mia automobile. E fedele lo è stata sul serio, per molto tempo, fino a raggiungere la ragguardevole soglia dei 180 mila chilometri. Per una "mille", son davvero tanti.
Insomma, con la mia auto sono stato un pò dappertutto. Mi ha accompagnato nei luoghi più impervi per i miei primi spettacoli come ad esempio, non dimenticherò mai, quello a San Mauro Forte. Chilometri e chilometri di curve e tornanti.
L'Austin è stata la prima alcova dei miei amori di gioventù ed i suoi sedili grandi e comodi hanno accolto molte ragazze. Fino a quando mi fidanzai. La fidanzata in questione tanto bella quanto nervosa, litigavamo spesso per le ragioni più stupide, una mattina, durante una discussione, decise di tirarmi una borsettata mancandomi clamorosamente. Il colpo andò a segno, purtroppo, colpendo la leva che aziona le spazzole sul parabrezza. Rompendola. Ero affezionato alla mia auto, le volevo bene e siccome per me era come un mercedes ci restai veramente male. Sistemai la leva con l'Attack e per i primi tempi la cosa funzionò.
Ma l'Attack dopo circa sei mesi perdeva efficacia. Ed io lo rimettevo. Finché il potente adesivo smise definitivamente di fare effetto. Occorreva cambiare il pezzo. Ora, non so se ne siete a conoscenza, quel particolare pezzo della leva è collegato ad una specie di anello che gira intorno al volante terminando con la leva che aziona i fari. Perciò bisogna cambiarlo tutto. E per sostituirlo è necessario smontare il volante. Che ha un bel bullone al centro.
Mi rivolsi ad un personaggio del mio quartiere che fa il meccanico, non ho mai capito bene se per diletto o per lavoro, che periodicamente ridipinge la sua vecchia auto, chiedendogli di procurarmi il pezzo necessario. Nel giro di qualche giorno il tipo procurò il pezzo e si propose di cambiarlo. "Ma lo sai fare?" fu la mia domanda. "Com'è? I so du mestir!" Fu la sua risposta. Decisi di fidarmi.
Il giorno dopo alle tre del pomeriggio, in piena estate, il meccanico arriva puntuale all'appuntamento nei pressi dell'attività di mio fratello. Era luglio. Lui arriva a torso nudo già sudato. Nella mia automobile gronda sudore da ogni dove sui sedili. "Scusa, non hai una maglietta?" Gli chiedo ingenuamente ed un pò schifato. "No, so du mestir" fu la risposta.
Ad ogni modo non avevo la possibilità di seguire i lavori dovendo dare una mano al parente. Fui costretto a lasciarlo solo. Dopo una mezz'ora vedo il meccanico chiamarmi fuori dalla porta. "Che succede?" "Niente non ho la chiave del numero giusto per svitare il bullone sul volante". "E adesso?" "Faccio con martello e scalpello". "Martello e scalpello??? Ma sei sicuro?" "Non ti preoccupare, so du mestir!"
Sempre meno convinto torno dentro lasciando il folle tecnico alle prese con la mia automobile. Trascorre un'altra ora e lo vedo di nuovo sulla porta a chiamarmi. Lo raggiungo come fossi un padre in attesa di notizie al parto del suo primo figlio. "Allora?" "Tutto a posto, ho cambiato il pezzo, c'è solo un problema..."
Ho quasi paura a chiedere. Ma devo farlo: "quale problema?" "Lo sterzo non gira più..." "Come non gira più? Ma prima funzionava..." "E lo so, adesso non gira più" "E meno mal che si du mestir!!!" Insomma, il tecnico pretese comunque il pagamento del pezzo nonostante il danno arrecato: aveva spaccato il bloccasterzo. Riesco a spuntare un prezzo migliore e lo mando via. L'avventura terminò con la mia povera Austin Metro rimorchiata da un vero meccanico. Quello che risolse il problema. 

lunedì 11 novembre 2013

l'amore mendace

L'altro pomeriggio il figlio di un amico è venuto da me per chiedere consiglio. Sono per lui la figura di zio più vicina alla sua età. Adulto abbastanza per poter essere consultato e, al contempo, non così grande da fargli provare imbarazzo. Penso che lui abbia le idee più chiare delle mie circa le questioni di cuore visto come casco male ogni volta ma, se viene a chiedermi un parere, devo mostrarmi all'altezza della situazione. Ho sempre avuto un certo talento nel dispensare buoni consigli, tanto quanto è grande la mia mancanza di talento nel proteggere me stesso dalle delusioni.
C'è una ragazza che gli piace ma lui ha già la fidanzatina e non sa cosa fare. In passato quante volte è successo a me? Quante volte ho gestito due fidanzate insieme? Non per vanagloria ma solo per paura di ferire l'una o l'altra. Come fai a guardare negli occhi una persona e dirle "addio" senza soffrire, senza sentirti responsabile? Eppure le donne lo fanno con rara maestria: quando non ti vogliono più ti lasciano e basta. 
In ogni caso non amo le situazioni ambigue, non mi piace tenere due piedi in una scarpa perché ci stanno stretti e io voglio tenerli comodi.
Arriva sempre il momento di prendere il coraggio a due mani e di dire alla poveretta che hai deciso di lasciare come stanno le cose.
Le donne amano l'uomo impegnato a causa di un preistorico retaggio. Se una ti ha preso vuol dire che vali. Fateci caso: quando siete "single" non vi caga nessuna. Quando, invece, avete una fidanzata ecco spuntare un agguerrito gineceo dietro la porta di casa.
Le donne amano la competizione a patto che si concluda con la vittoria. Vittoria sulla donna che nella nostra vita ha la precedenza.
Fa parte di loro, del loro modo di essere, della loro vanità. Hanno bisogno di dare linfa continua alla propria autostima. Di sentirsi le più belle, le più sensuali e le più erotiche. I maschietti un pò ci godono quando sono contesi ma non fanno altro che assecondare i desideri della donna più determinata che alla fine, vinta la partita, dopo poco tempo certamente li mollerà.
Fatte queste considerazioni ho detto al mio nipote acquisito: "vedi mio giovane amico, non pensare mai di giocare con le ragazze perché un giorno potresti scoprire di essere tu il giocattolo. Lei adesso ti sembra tanto speciale, ti dice che ti ama e tu non sai cosa fare. Allora pensa questo: l'amore molto raramente è figlio del colpo di fulmine. L'amore nasce dall'impegno, dall'accettazione dell'altro: si costruisce con il tempo e con lo stare insieme. Diffida sempre di una ragazza che ti dichiara amore subito dopo averti conosciuto".
Lui mi ha guardato e con fare pensieroso ha annuito. A bruciapelo gli ho chiesto: "La tua fidanzatina è poi così male?" Lui ci ha pensato un pò su e quindi mi ha risposto: "no zio, niente affatto, anzi..." al giovanotto brillano gli occhi ripensando alla sua ragazza, i ricordi del primo gelato preso insieme al chiosco di Giovinazzo, lo immagino, gli tornano in mente. Uno zio serve proprio a questo. A far riflettere. Lo guardo e sorrido alla sua espressione sognante. Allora accarezzo i suoi capelli corti, corti, con il gel che li tiene sparati e dritti e la mia risposta non si fa attendere. Semplice e sincera: "senti allo zio... statt a cast!"
Il giorno dopo l'ho visto passeggiare con la fidanzatina mano nella mano. Non so se mi ringrazierà, se gli ho dato il consiglio giusto. Forse domani lei conoscerà un bulletto che riterrà essere più figo di lui per il quale lo lascerà o forse, al contrario, cresceranno insieme fino a giungere all'altare, non lo so. Quello che so è quello che vedo: oggi è felice e lei, biondina dal sorriso buono e brillante, lo guarda con amore e, almeno per il momento, vede in lui il ragazzo più bello della terra. A questo servono gli zii... a dare buoni consigli.

domenica 10 novembre 2013

Il materasso abbandonato

Il materasso, cantava Renzo Arbore, è il massimo che c'è. Eppure un grave problema sembra smentire questa divertente affermazione: quello dei materassi abbandonati. Da qualche tempo infatti mi succede di imbattermi, sia per le vie di campagna che per quelle di città, dove porto il cane a passeggiare, in poveri materassi abbandonati.
La scena ogni volta è crudele. I materassi giacciono tristi e sconsolati nei pressi dei bidoni della mondezza o nel bel mezzo di sporche discariche improvvisate. Tralasciando il discorso dei rifiuti speciali vorrei parlare della vita di questi compagni fedeli. Sin dal principio. Di solito tutto comincia con una casa nuova. Soggiorno nuovo, cucina nuova e stanza da letto nuova. Occorre il materasso. Si va nel negozio specializzato oppure si chiama il numero della vendita televisiva. In ogni caso la scelta viene operata con grande attenzione.
Il materasso deve avere precise caratteristiche: ortopedico, anallergico oppure in lattice. La scelta è importantissima perché sappiamo che questo amico accompagnerà la nostra vita per molti anni. E molte saranno le cose che condividerà con noi. Il nostro riposo, le nostre letture, la visione dei film e naturalmente l'amore.
Il sottile strato delle lenzuola sarà tutto quello che separerà i nostri corpi dal contatto diretto con lui.
E lui, il materasso, costituirà il prato più comodo del nostro vivere, del nostro sognare e del nostro abbandono. Discreto. Non esprimerà giudizi, non farà classifiche, non ci dirà mai di alzarci.
Per anni ci accompagnerà fedele e silenzioso e l'unica cura che dovremo avere sarà quello di girare il lato ad ogni cambio di stagione.
Il tempo passa per tutti, anche per il materasso. Sul mercato spuntano modelli più evoluti, con le reti con le doghe in legno o che so io. Promesse di vita più sana solleticheranno la nostra vanità. E prima o poi qualcuno sentirà il desiderio di possedere un materasso nuovo, forse l'altro è vecchio o forse no.
Ed ecco profilarsi all'orizzonte l'idea dell'abbandono. Il vecchio materasso da fedele compagno di vita diventa all'improvviso un impiccio, qualcosa di cui liberarsi. Poco importa quante storie ha vissuto con noi e quante ore di sonno ristoratore abbia regalato. O quanti partner avrà ospitato e visto unirsi al suo proprietario. Non importa nulla. Solo una cosa: il materasso nuovo.
Senza alcun ritegno, con egoismo, nessuno si preoccuperà di ringraziare il fedele amico riservandogli almeno una fine decorosa. In fondo lo meriterebbe. Nottetempo il pavido possessore del nuovo materasso si aggirerà per le strade della città con il vecchio caricato in macchina o poggiato sul tetto della stessa. Ecco un bidone... sì quello va bene. Furtivo l'uomo uscirà dell'auto e frettolosamente si sbarazzerà del povero materasso. Scappando via subito dopo.
E lui, il vecchio giaciglio, resterà solo. Vicino ad uno sporco bidone. Pensando e ponendosi solo una domanda: "perché mi hai fatto questo? Ah! Se potessi parlare..."
Addio, vecchio strapunto. Riposa tu adesso in pace con te stesso. Hai vissuto e servito. Il tuo padrone, se può consolarti, resterà deluso dal nuovo arrivato. Forse non sarà così strepitoso come gli hanno raccontato dalla TV, forse non sarà così comodo come gli ha raccontato il commesso del negozio. Ed allora ripenserà a te. E capirà quanto si sia sbagliato, quanto abbia fatto male a lasciarsi sedurre dalle false promesse del nuovo venuto. Pentito verrà a cercarti ma non ti troverà. Qualcuno ti ha raccolto, in fondo sei ancora un buon materasso e il povero senza tetto ha pensato bene di portarti nella sua casetta sgangherata.
Sei di nuovo felice, in servizio a fare quello che sai fare meglio: regalare un prato comodo a chi ha deciso di tenerti con se. 

venerdì 11 ottobre 2013

la magia

La magia è l'arte perduta di incantare. "Abbiamo perso il senso di quello che significa realmente la narrazione, lo diamo troppo per scontato e credo che non ascoltiamo più nel modo giusto le storie. La narrazione è una sorta di fuoco, non è aria, non è acqua e non è terra. E' un fuoco, è ciò che brucia nel viaggio umano, è ciò che illumina nelle tenebre, è ciò che guida attraverso i secoli. L'intera parabola del mistero umano è fatta esclusivamente di storia. L'uomo, la donna, nascono, vivono, soffrono, commettono pazzie, imparano un pò e poi muoiono. Ecco la storia.
Le storie ci vengono date per guidarci, non di certo per intrattenerci. L'intrattenimento è un inganno, inventato dal senso estetico, che cela qualche cosa di molto più essenziale..."
Ben Okri
In questo stralcio di intervista al poeta Ben Okri (nato a Lagos, in Nigeria, nel 1959) cogliamo l'essenza di quelle che possono apparire scelte di vita assurde, spericolate ed incoscienti.
Il mestiere di un "mercante di stelle" (R. Zero), di un menestrello, di un giullare dei nostri giorni, è quello di rinnovare nella memoria dei suoi simili, così presi a correre, la magia delle storie, della semplicità di un sorriso e del senso della meraviglia.
Cosa spinga un essere umano a farsi carico di un simile fardello è difficile, se non impossibile, dirlo. Cameron Julia ci ha provato con il suo libro "la via dell'artista" nel quale aiuta il lettore a superare quei blocchi psicologici che ogni artista subirà dopo aver accettato il proprio percorso.
La società attuale, la crisi, l'incapacità di guardare oltre il profitto, rendono difficile l'inserimento dello svago all'interno di quei contesti che in realtà costituirebbero il più logico e naturale tempio. Se il luogo preposto all'intrattenimento, chi lo gestisce, impedisce all'artista di intrattenere i frequentatori del luogo stesso chi mai si curerà di allietare gli animi altrimenti appesantiti dal cibo e dall'alcool?
Un moderno medio evo con piccoli raggi di luce che di quando in quando squarciano il buio dell'ottusità. Questo viviamo. Solo la gente potrà cambiare questo stato di cose, chiedendo ed esigendo il cibo per l'anima, pretendendolo proprio da chi, ottusamente, prova a fare dimenticare al mondo che non si vive di solo pane.



giovedì 10 ottobre 2013

the half ass story

Che poi sarebbe "la storia di mezzoculo". Come tutte le grandi terre anche la nostra ha le sue tradizioni ed i suoi racconti popolari. Quando non esisteva la televisione la famiglia, di sera, si riuniva intorno alla "frascera" ed il nonno raccontava storie favolose. La più popolare era quella di "mezzoculo".
Di un trash ed uno splatter spaventoso, trovo che sia di una violenza inaudita e, come accade nel libro di Luigi Boitani "dalla parte del lupo", scritto per restituire la giusta immagine all'animale da sempre rappresentato come simbolo del male,  il carnefice diventa vittima ed alla fine ci appare anche più simpatico dei presunti "buoni".
Cosa accade nel racconto: in una famiglia poco abbiente, formata dal padre, la madre ed i figli, a causa del freddo, la mamma decide, per riscaldare tutti, di fare i panzerotti. Tralasciando di indagare sul nesso tra il freddo e la fame, continuo la narrazione. La mamma si rende conto di non poter friggere perché non possiede la pentola adatta. Così la signora dice alla figlia più piccola, in quanto dovrebbe ispirare tenerezza, di andare a chiedere la pentola in prestito alla vicina (non mi è chiaro se sia un uomo o una donna) nota come mezzoculo.
La ragazzina così fa e mezzoculo presta la pentola a condizione che le siano riservati due panzerotti e qualche pettola. Tornata a casa la bambina riferisce alla mamma che subito si cimenta nella preparazione.
I panzerotti e le pettole vengono bene, la famigliola li divora e solo alla fine tutti ricordano della promessa fatta a mezzoculo che ovviamente non potrà essere mantenuta. Allora decidono di improvvisare. Raccolgono gli scarti della massa, un poco di carne rimasta attaccata alla pentola, qualche scarafaggio preso dal pavimento ed ecco gli ingredienti per fare due panzerotti caldi, caldi, con i quali onorare la parola data.
La piccola torna a casa della vicina, restituisce la pentola con dentro i panzerotti taroccati. Mezzoculo soddisfatta ne addenta uno e dopo qualche morso ecco spuntare la testa dello scarafaggio. La povera donna (o uomo non lo so) capisce l'inganno, sputa e giura di vendicarsi minacciando di andare, nottetempo, ad ucciderli tutti. Capisco lo schifo ed il disgusto.. ma fagli causa!!! Ordire degli omicidi mi sembra alquanto esagerato.
La famigliola si barrica in casa, disseminando il percorso di trappole. Sapone sulle scale e cose così.
Mezzoculo, giunta la notte, si reca a casa dei traditori per mettere in atto il folle proposito, ma non sapendo del sapone sulle scale casca a terra un sacco di volte e si spezza le gambe. Sembra un film horror di serie B.
Comunque, com'è o come non è, half ass, riesce ad entrare in casa dove sono tutti nascosti. Un figlioletto sotto un tavolo, un altro dentro un armadio. E ammazza chi trova. E' una strage. Infine arriva il babbo, uccide mezzoculo e con la "manna" di San Nicola fa resuscitare i suoi congiunti.
Chi lo prende in quel luogo segreto è il cattivo, che il più cattivo della storia forse non è.
Scusate, stanno suonando alla porta, guardo... ah è la figlia del vicino. Che vuole? Mò chiedo:
-dimmi
-buongiorno signor Kappa, ci presterebbe la pentola per friggere? Sa, vorremmo fare due panzerotti.
-no guarda, mi dispiace, non ce l'ho!!!

martedì 8 ottobre 2013

le donne

Donne. Ne ho conosciute e ne ho amate tante. Con il corpo molte ma con il cuore poche. A volte, nel gioco degli sguardi, capita che il copione si ripeta. Quando le meccaniche della seduzione sono le medesime, so già cosa dire e so già come comportarmi. Capisco subito quando una ragazza, come si suol dire, "ci sta" così come mi rendo conto quando devo "lavorarci" ancora. Lo "starci" di una donna è comunque un dono, che certi uomini non sanno apprezzare, presi come sono ad incidere la nuova tacca sulla loro "pistola". A me le tacche non interessano più da un pezzo, perché ogni donna sedotta e riaccompagnata a casa, senza chiederle un nuovo appuntamento, rappresenta l'ennesimo scalino della scala in discesa che conduce verso la solitudine.
L'arte della seduzione è un gioco raffinato e qualche volta succede di incontrare una donna diversa, una donna che sfugge a qualsiasi regola, a qualsiasi déjà vu, una dea che ti travolge con il suo essere speciale. Quando succede a me, stento a credere che stia succedendo davvero. E temporeggio.
Lei pensa che io lo faccia per "tirarmi la calzetta" e ciò la renderà più risoluta e seducente, ma in realtà io sto solo cercando di capire se sarà il caso, o meno, di lanciarmi in questa incredibile avventura, senza farmi male e senza rimediare una figuraccia. Si, perché l'uomo in fondo è codardo, troppo attento a non ledere la sua fama di grande seduttore.
Alla fine sarà proprio lei a darmi il coraggio di rischiare, di credere nella magia, in fondo sono un mago, di lasciarmi andare all'impossibile. Quell'impossibile che è destinato a diventare realtà.
Dopo il gioco passerà nelle mie mani. E tutto dipenderà da come giocherò le mie carte. Mica posso pretendere che faccia tutto lei e che diamine!
Certi uomini hanno un gran dire su come le donne siano "facili" e danno sempre la colpo a loro, alle donne, ogni volta che ne perdono una. Nessuno di questi uomini ha il coraggio di guardarsi dentro e fare un bell'esamino di coscienza. Le donne sono diverse da noi uomini, ci aprono la porta del loro mondo più segreto e noi pretendiamo di svaligiare la cassaforte che in quel mondo è conservata. La cassaforte del loro cuore. La chiave non la vediamo, eppure è lì a portata di mano e benché ci venga offerta non riusciamo a vederla. Preferiamo complicare una cosa semplice, per mettere alla prova la nostra voglia di comando, di superiorità maschile. In un mondo perfetto proprio non ci sappiamo stare e con i nostri atteggiamenti, infine, mettiamo in fuga proprio lei, la donna ideale che non chiedeva altro che di starci accanto. Senza tirannia, senza doveri, ma solo per amore. Io l'ho capito: non sono loro quelle sbagliate, siamo noi maschietti, talvolta, ad essere degli autentici coglioni. 

lunedì 7 ottobre 2013

il pagliaccio

Qualche sera fa mi sono imbattuto in un bambino "pagliaccio". Ero seduto al tavolo di un locale, all'aperto, con il mio amico Fabio ed il mio cane Biagio, a bere una birra quando all'improvviso un frugoletto di circa sei anni si avvicinò dicendoci "ciaaao!!!" in maniera, per l'appunto, pagliaccia. Raggiunto dai suoi amichetti, che ridevano per la coraggiosa azione di aver preso in giro due adulti, il marmocchio si allontanò soddisfatto riunendosi al gruppo tornando nel bar dal quale era sbucato. Io ed il amico non potemmo che sorridere della cosa che, però, non immaginavamo avrebbe avuto un seguito immediato. Tempo cinque minuti ed il piccolo pagliaccio ci fu di nuovo addosso portando via, questa volta, il mio borsello. Non che volesse rubarlo, quanto piuttosto improvvisare una sfilata di moda per i suoi amici. La prova, la sfida di infastidire due adulti, si faceva così più ardita e quindi più divertente per la platea formata dai suoi amichetti.
Preso il borsello, il ranocchio, comincia la sfilata, guardandomi ed esclamando "amooore!" 
La cosa cominciò a diventare fastidiosa, come una "zampana" quando ti prende di mira durante la notte.
Comunque, con modi gentili, cerco di rientrare in possesso del mio borsello, dicendo al piccolo di restituirmelo: "no a zio!" All'improvviso, dopo aver recuperato il maltolto, sopraggiunge il genitore incazzato, pronto a dispensare educazione al simpatico frugoletto tirandolo per un braccio: "Ce sta a fa? Vin ind!" 
Terminato il nuovo assalto, io e Fabio, torniamo alle birre, pensando di poter continuare in pace la nostra chiacchierata. Ed invece no! Dopo pochi minuti ecco tornare alla carica l'indomito fanciullo! Questa volta deciso a darmi un bacio. Questo è troppo! Il bacio no! Cerco di dissuadere il piccolo folle tentando di tenermi lontano dalla sua ventosa. "No a zio!" Con il giusto tempismo ritorna il suo babbo. Recupera il figlio e gli assesta un educativo "buffettone". Nonostante noi dicessimo "e no e no, non ha fatto niente".
Rientrati nel bar, il rampollo ed il suo babbo, proseguirono la lezione di "buone maniere" a suon di "mazzate". Finché il bambino capì e restò "spezzato di gambe" al tavolo insieme al papà lasciandoci finalmente bere in pace la sospirata birra.


sabato 5 ottobre 2013

la calunnia

La purezza è dentro le persone, non fuori e nemmeno intorno. "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla sua bocca" (Matteo 15,1-2.10-14).
I giudizi sono spesso vuoti e vacui, espressi per colmare le proprie incertezze, per giustificare i propri fallimenti e per consolarsi delle proprie ipocondrie mentali. Un inutile gioco al massacro ai danni del proprio simile, del prossimo, quel prossimo che magari si fa solo i fatti suoi. Non si spiega in altro modo questo bisogno atavico di far pettegolezzo e di inventare fandonie. 
C'è chi soffre perché l'amico ha la fidanzata più bella, ha più facilità nei rapporti, successo nel lavoro o più ascendente sulla gente. Ed ecco che una cosa semplice come l'empatia non è più quel che è ma diventa sporca, vista attraverso la lente distorta delle mille insinuazioni, che saranno sparse al vento ed inevitabilmente inquineranno un rapporto e rovineranno una vita. Anzi, forse due. E chissà quante altre.
Come la "goccia cinese" il venticello della calunnia finirà per scavare un solco profondo e la gente presa per sfinimento, finirà per credere, per convincersi, perché il gioco sporco sotto, sotto, piace a tanti.
Cosa accadrà quando infine la menzogna sarà passata per verità assoluta? Il calunniatore ne gioirà ma una volta ottenuto il risultato il becero individuo non proverà che un appagamento fugace, destinato a svanire in breve tempo e la soddisfazione di aver nuociuto a qualcuno avrà presto fame di nuove vittime.
Ed ecco che il circolo vizioso ricomincia. E' un gatto che si morde la coda. Un mostro peloso che mai si sazia. Si può diventare famosi in molti modi: "c'è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare male di sé: il non far parlare di sé" (O. Wilde). Diventare famigerati però è ben altra cosa. Il mondo, per fortuna, non è stupido e per sua natura sa proteggere se stesso dalle infezioni. Ed ecco che un giorno accade. Accade che la gente cominci a capire, a rendersi conto che le cose non tornano, che i pettegolezzi dell'indomito infame cambiano di volta in volta. I bugiardi spesso hanno una cattiva memoria.
"Allora non era come diceva lui..." osserva qualcuno e comincia a farsi strada la luce della ragione ed il pettegolezzo diventa un boomerang assai preciso. L'arma si ritorce contro la mano che l'ha impugnata.
Soffia lo stesso vento che infine non porta tempesta ma una brezza piacevole: l'afflato della verità.
La gente si risveglia, si allontana ed il calunniatore comincia a sentirsi solo. Ad essere solo.
Finché il perdono arriva da qualche parte, forse proprio da quell'amico, quell'unico amico, che ha deciso di guardare oltre la coltre di bugie che per qualche oscura ragione ottenebra la mente del povero cialtrone. La mano sarà protesa, una volta o forse due, ma resterà sempre vuota, poiché il fascino della calunnia continuerà a creare, inventare, concepire ed architettare. Lasciando quella mano vuota una volta di troppo, la solitudine riceverà il suo premio, diventando l'eremo nel quale, il traditore, si sarà chiuso da solo a doppia mandata, rendendosene conto solo quando il mondo fuori lo avrà per sempre dimenticato.

venerdì 4 ottobre 2013

sabato sera

Sovente mi soffermo a riflettere sul modo che le persone, in tempi di crisi, scelgono di trascorrere il sabato sera. Il sabato per la nostra cultura, con dotti esempi che giungono dal villaggio, è considerato un giorno speciale. Il preludio al giorno di festa. Tant'è che la domenica ci piace già meno... perché il giorno dopo si tornare a lavorare.
Considerata la situazione attuale però, credo che tra il sabato e la domenica ormai non ci sia più molta differenza... il lunedì, per molti, continua ad essere giorno di festa.
Comunque... nella nostra mente il sabato è ancora un giorno speciale. Allora cosa fa la gente al sabato sera? Le famigliole escono di casa per andare a mangiare la pizza al taglio o il panzerotto fritto, in piedi, fuori dalla piccola pizzeria che non ha i tavoli all'interno. Papà, mamma e prole al seguito: escono, passeggiata, pizza e birra. Oppure ci sono quelli che la pizza preferiscono mangiarla in auto, con la fidanzata, magari a "pomiciopoli" così dopo la "cenetta" si nutrono di altro, si nutrono di amore. Insomma, in ogni caso, pizza e birra ed il sabato è bello e fatto.
Quello cui ho assistito una sera però batte qualsiasi sabato plausibile: passeggiavo per le vie di Giovinazzo, piccola perla sulla costa a nord di Bari, quando la mia attenzione fu attratta da una coppia di giovani probabili sposi. Lui, sigaretta serrata tra le labbra, intento a pescare dal muretto del lungomare e lei seduta sulla panchina vicina, sulla quale era posto il secchio con le ambite prede. Due in verità. L'espressione della ragazza era un misto di noia e rassegnazione. Lui intento nella pesca non se ne curava affatto.
"Questo è sposarsi?" mi son chiesto osservando la scena, "spero di no!"
Senza volere, rapito, mi fermai un attimo ad osservare la scena. Il "pescatore", forse avvertendo la presenza di qualcuno, distolse lo sguardo dalla canna per voltarsi a guardare me. "Buonasera" mi scappò di dire. Lui, per tutta risposta, mi guardò negli occhi, con la sigaretta sempre fissa tra le labbra, dopo di che mi indicò il secchio. "Si vist?" Mi disse tutto orgoglioso. "Chidd mò l so pigghiat"... aggiunse con la sigaretta ormai ridotta ad un filtro bruciacchiato, riferendosi ai due poveri cefali mezzi intontiti che nel secchio giravano e giravano sperando forse di trovare una via di fuga. "La pastur la fazz ie" disse ancora con rinnovato orgoglio.
Lei, la ragazza, come se io non esistessi, come se il marito parlasse da solo, continuava a tenere lo sguardo fisso verso il mare, verso il tramonto, verso sogni forse infranti di una vita immaginata diversa, forse più emozionante, forse più normale. Allora compresi, complice quello sguardo assente, che la pizza mangiata in piedi, il panzerotto che ti cola tra le dita, la birretta bella fredda, sono tutto quello che può bastare per essere felici.


giovedì 3 ottobre 2013

cinque euro

Ieri sera mi è giunta una 5 euro sulla quale, come un messaggio in bottiglia, qualcuno ha affidato una poesia d'amore... spenderò la banconota perché possa arrivare alla persona cui è destinata:
"Ho guardato il mare stamattina e il vento mi ha portato il tuo profumo; ho chiuso gli occhi e come in un sogno ti ho baciata, una lacrima rigava il mio viso, una lacrima tornava al mare..."

al mare

E' stato come quando la "reclame" in TV interrompe il tuo programma preferito oppure come quando l'edizione speciale del TG irrompe nella tranquilla monotonia della tua vita per darti l'ultima brutta notizia. Ecco.. l'impatto è stato grossomodo lo stesso. Ero disteso sulla "chianca" liscia e quasi comoda a prendere il sole, quando un bagnante, avanti con gli anni, magro e allampanato ha cominciato a suonare l'armonica.
Quel suono piacevole in qualche modo rendeva, almeno per me, la sosta al mare leggermente surreale. Un'armonica a bocca la si sente solo nella colonna sonora dei film western che passano in Tv. O su Youtube. Era un pò come essere su una spiaggia, chessò? Messicana.. magari alla Baia de Banderas. Ed il bagnante suonatore assumeva le sembianze di uno strano elfo: come uno dei personaggi del sogno di una notte di mezza estate. Oppure simile, ma non uguale, al cowboy "armonica" di Leoniana memoria. D'un tratto la musica viene interrotta da un suono gracchiante di corde vocali. Una voce roca e sgraziata, perentoria, invade le note leziose e nostalgiche e dice: "mò, ci jè brutt sta music! Nan put senà na cos chiù allegr?" E' la voce di un altro bagnante, che nulla ha di poetico rispetto al mio elfo. E' fin troppo terrestre e palese, tipico rappresentante di una certa umanità. Il vecchietto impertubabile, smette di soffiare nello strumento e risponde al bagnante: "la musica non è brutta, la vita è brutta, ma siamo noi a renderla brutta e tu sei sclerotico e non te ne accorgi". Continuo a prendere il sole, vorrei dire due parole in difesa di "armonica" ma dopo cinque minuti vedo i due protagonisti di questo siparietto tragico e grottesco al contempo, fare il bagno insieme. Sorrido e mi ricordo di non essere alla Baia di Banderas ma alla spiaggia del mio quartiere. 

ospedale

Passare il tempo in ospedale è davvero utile. Guardi le cose ed il mondo da un'altra prospettiva ed impari a dare un peso differente alle sciocchezze che ti fanno tanto arrabbiare. Assistevo mia zia, in un reparto donna, bontà del personale medico, anche di notte (sebbene non mi trattenessi in camera se non strettamente necessario). Una poltrona con la fodera strappata e l'imbottitura di spugna a vista, presa in prestito dall'ingresso, costituiva il mio scomodo giaciglio. Il tempo trascorre osservando scene di varia tristezza. Il frate che da i conforti religiosi ad un'anziana signora in procinto di partire, il vecchietto appena ricoverato in balia del tremolio convulso , la ragazza che piange disperata perchè vorrebbe tornare a casa e chi attende sulla barella in attesa che si liberi un posto letto. In tutto questo purgatorio ad un tratto scopro un angolo di paradiso: i distributori automatici. 
Merendine di ogni tipo, bibite e succhi di frutta. Caffè, cappuccino, cioccolato e orzo. C'è tutto. Ma devi essere munito di spiccioli perché altrimenti non troverai nessuno disposto a cambiare. Il personale ha la chiave e con quella fa tutto. Se non fai come me che porto gli spiccioli da casa potresti ritrovarti a pensare: "cosa darei per avere quella chiave". Poi ti accorgi che gli incarti e le lattine vuote vengono lasciate dappertutto ed il piccolo paradiso, a causa della maleducazione, diventa fonte di inquinamento ospedaliero. 

biagio

La signora, arenata sulla panchina del lungomare, mi vide arrivare a spasso  con il mio cane che, come è solito fare, bada esclusivamente ai fatti suoi. Una annusata a questo palo della luce, dopo una ad una certa parte del marciapiede che, per motivi noti solo a lui, attira l'attenzione del suo olfatto. Vedete, Biagio, è un cane tranquillo e proprio come il suo padrone è attratto da poche cose; tra queste le parti intime delle femmine della sua specie ma non di certo da quelle delle signore grasse precipitate sui muretti o sulle panchine del lungomare. 
Mentre il mio cane continuava a badare ai fatti suoi la signora era sempre più vicina. D'un tratto, pur essendo ad un metro buono di distanza, la grassa madame, colta da crisi di panico mi urla: "Scusa ti puoi allontanare?" Ed io.. "signora sono già lontano" E lei: "Ho paura del cane... " La guardo basito, vedendola dimenarsi in un attacco di paura certamente teatrale ma del tutto ingiustificato. Biagio intanto continua ad interessarsi all'odore sul marciapiede, probabilmente la minzione di qualche cagnolina, mentre ancora ignora la signora... 
nel bel mezzo della sua annusata e mentre Biagio continuava ad ignorare il resto del mondo, compresa l'inutile crisi isterica della cicciona, ecco giungere un signore anch'esso panciuto, peloso ed in canottiera che mi guarda e con fare intimidatorio mi fa: "giovane, vuoi allontanare il cane che sta spaventando mia moglie?" Ed io "guardi che sto passando..." E lui "se uno c'ha paura, c'ha paura.." La scena mi appare davvero surreale, tutto questo sbracciarsi per allontanare un cane buono e tranquillo per nulla interessato agli attori di questa commedia ma solo alle sue annusatine. Alla fine, inevitabile, la frase mi sgorga dal cuore, si fa strada da sola ed esce dalla bocca: "signora... che u can non te sta a penz propr". Tiro leggermente il guinzaglio e Biagio, ormai concluse le sue "indagini olfattive", si allontana con me scodinzolando allegramente.

il saluto

Passeggiavo per le vie del mio quartiere. Era pomeriggio, un pomeriggio di quelli "uggiosi"... in cui non succede nulla. Ero a spasso con il mio cane, quando incontrai un uomo. Una persona di quelle che ogni tanto incontri e che saluti per inerzia. "Ciao..." gli dici e "Ciao, ciao..." ti risponde. Come se il saluto ribadito servisse a dare più forza al saluto stesso. Cultura barese, che ha un senso solo a Bari. Quando vuoi sottolineare un concetto lo ripeti più volte. Per fare un esempio: "sono andato là, che sono andato..." L'uomo piccoletto, magro e ingrigito dal tempo, rispose quindi al mio saluto. L'ometto si avvicinò. Credevo che la cerimonia dei saluti, come al solito, si sarebbe conclusa lì e come sempre, ognuno avrebbe proseguito per la propria strada. Quel giorno fu diverso: avvenne l'imponderabile, l'imprevedibile... l'ometto aveva voglia di parlare. Si fece sempre più vicino, si assicurò che il mio cane non gli avrebbe abbaiato contro, e quando fu a due passi da me, mi guardò dritto negli occhi e mi chiese: "A Giovinazzo sta piovendo?" "Io sto qua" gli risposi. E mi lasciò con il dubbio... ma a Giovinazzo starà piovendo?

il tempo

Sono le 23,59... cioè praticamente è mezzanotte, ma quel 59 mi rende la sensazione di essere ancora nella giornata di ieri. Non oggi e ne domani: ieri. Ecco... adesso sono le 0.00. E' mezzanotte. Adesso è "oggi". Che faccio? Devo cercare di dormire oppure esco di casa. Non in mutande per carità... mi vesto e poi magari esco. Così comincio oggi da qualche parte dove non sia stato ieri. E dove certamente non andrò domani. Poi ci penso e decido di non uscire. Non voglio anticipazioni sul futuro, cioè sull'oggi che diventerebbe domani se adesso mi addormentassi... alla fine ho deciso di dormire. E' trascorsa la notte. Al risveglio mi son trovato a tutti gli effetti nella giornata di oggi. Ma poi mi fermo un attimo a pensare e un dubbio mi coglie: se dopo la mezzanotte era già oggi, ed oggi sarebbe stato oggi anche se non avessi dormito ieri... allora adesso cos'è? "Domani"? Angoscia: se così fosse non mi sarei risparmiato la noia di anticipare il tempo e quindi di raggiungere il futuro. E se adesso è domani... mi sono perso "oggi". E' una pazzia. Ho saltato un giorno e non me ne sono accorto. A meno che oggi non sia la prosecuzione di ieri. E quindi oggi è ieri. No, no... sto facendo un macello. Mettiamola così: oggi è adesso, ieri è passato, domani verrà. Di conseguenza mi basterà stare sveglio stanotte per mettere tutto a posto. No.. se resto sveglio stanotte sarò punto e a capo. Allora sai che c'è? Mi vado a leggere il calendario cinese che, essendo un calendario lunisolare, conta gli anni a cicli di 60 anni. Ganzhi!!!
E non se ne parli più.  

il viaggio

Non è la mia città. Mi succede spesso di spostarmi per lavoro. Ed oggi sono qui. Le città non sono poi così diverse ed ovunque si assiste a scene di varia umanità: ma questa mi mancava. Sono arrivato con un'ora di anticipo, nell'attesa che vengano a prendermi passo il tempo fuori dalla stazione. Osservo un uomo con la barba folta, malmesso in quanto ad abbigliamento ed una signora piuttosto originale, di colore, capelli folti e ricci con addosso una specie di lenzuolo bianco avvolto a mo' di tracolla su un vestito nero. Mi avvicina e mi chiede una sigaretta. Le offro la sigaretta e mi ringrazia in maniera inaspettata: "grazie messere". Tempo un minuto e le sigarette offerte diventano tre: c'è l'uomo barbuto e subito arriva anche un giovane, credo, marocchino. Mi allontano di qualche metro ed una ragazza piuttosto carina mi chiede degli spiccioli per un ipotetico biglietto del treno. Le do quello che posso. Mi fermo a fare chiacchiera con due viaggiatori e noto una bicicletta alla catena, attaccata ad un palo, proprio vicina a noi: le manca il sellino. Allora mi viene spontaneo pensare che il proprietario sia un masochista che si diverte così... 
La signora di colore, con i capelli ricci e le lenzuola addosso, ad un tratto si siede per terra proprio davanti all'ingresso della stazione. Comincia a disegnare con la mano delle scie invisibili sul marciapiede. Come fosse un "madonnaro metafisico": senza gessi e senza colori. La guardo muovere la mani con ampi gesti delle braccia mentre parla a bassa voce: non sento cosa dice. Passano tre agenti di polizia e con modi gentili le dicono di alzarsi. La signora si alza e si allontana. E' tornata la ragazza carina, continua a chiedere soldi ai passanti per il suo biglietto. Qualcuno mi informa che quel biglietto non lo comprerà mai. Intanto mi hanno telefonato, devo prendere un trenino per raggiungere la mia destinazione, dove troverò la macchina con chi verrà a prendermi. Faccio il biglietto e prendo il treno che parte subito. Mi siedo e benché il tragitto sia breve mi immergo nella lettura del libro che qualcuno mi ha regalato. Il titolo reca in se un grande rimpianto considerando la situazione. Ad ogni modo il racconto mi ha preso al punto tale di non accorgermi di essere arrivato. Continuo a leggere ed il treno riparte. Ho saltato la mia fermata. Chiudo il libro mentre il treno riparte ed un dubbio mi assale: era forse la mia? Mi alzo e chiedo al controllore seduto nel suo stanzino, accanto al mio scompartimento. Mi conferma che era proprio la mia. Mi dice di scendere a quella dopo e di aspettare il primo treno per poter tornare indietro. Così faccio. Scendo, vado ad informarmi circa l'ora, per fortuna devo attendere non più di mezz'ora, e faccio il biglietto. Vado al binario e li c'è altra gente, altra vita ed altre storie di varia umanità. Mentre attendo sulla panchina, continuando a leggere il romanzo colpevole di tanto sbattimento, vedo fermarsi un treno. Che apre le porte. La voce dall'altoparlante ci informa che il treno è fermo per un problema e che non si deve salire. Arriva di corsa un ragazzo di colore, con una valigia grossa e, presumo, pesante. Non parla bene italiano e non ha capito che non è il suo treno. Affaticato si avvicina e cerca di salire ma viene fermato dal capotreno fisso sulla porta. "Questo non raccoglie passeggeri" il ragazzo non capisce e mostra il biglietto insistendo per imbarcarsi. Il capotreno lo redarguisce in malo modo. "Non devi salire!!!" Alla scena assistono anche un gruppo di signore. Intanto il treno chiude le porte e riparte. I commenti del gineceo non si fanno attendere. Sono tutte donne nordiche e tutte incazzate con l'uomo delle ferrovie. "Poteva anche spiegarlo a quel ragazzo..." dice una "è proprio uno stronzo" commenta un'altra. Tutta questa solidarietà mi fa riflettere e pensare a tutte le accuse di razzismo che da sempre noi del sud appioppiamo alla gente del nord. Qui c'è giustizia ma di razzismo nemmeno un'unghia. E' bello vedere sfatati i luoghi comuni. Mentre osservo e rifletto arriva una ragazza di una bellezza straordinaria. E' scura anche lei, forse brasiliana, ottomana o non so cosa. Ha una gonna cortissima che le copre a malapena il culo. Gambe meravigliose lunghe e precise. Una camicetta poco generosa, al contrario della gonna, nella scollatura. Mi siede affianco sulla panchina dove ho fatto base. La osservo un attimo e le guardo il volto. E' bella davvero ma ha un'espressione triste. Di colpo scompare il mio interesse per le gambe e resta quello per quel viso triste, provato chissà da cosa, rabbuiato da chissà da quali problemi... e di colpo qualsiasi umano pensiero di gallo latino scompare come per incanto. E' arrivato il mio treno. Mi alzo, rivolgo un ultimo sguardo alla dea triste e riesco solo a pensare: "in bocca al lupo ragazza. Abbi cura di te". Salgo sul treno e parto. 

l'iniziazione

Benchè la birra fosse freddissima, da gelo polare artico, l'uomo guardò il barista e gli chiese guardandolo in cagnesco: "Iè fresck?" Il barista annuì senza parlare e l'uomo sicuro di se aggiunse: "ah mè".
Dopo prese la bottiglia con una mano tenendo il mignolo alzato, infilò l'indice dell'altra nel collo della bottiglia ritirandolo velocemente tanto da provocare un suono simile ad un piccolo scoppio. Infine, alzato il braccio, cominciò a trangugiare avidamente la bionda bevanda. Appena ebbe finito di bere la sua birra ghiacciata, l'uomo chiese con fare perentorio: "quand iè?" "un euro e ottanta" rispose il barista senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro. L'uomo infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e ne tirò fuori cinque euro maltrattate. Guardò la banconota, fece due conti mentalmente, poggiò i soldi sul bancone e, con tono greve, esclamò: "damm n'ald".
Presa la bottiglia, si assicurò di nuovo che fosse fredda, questa volta senza chiedere, si accontentò di poggiarla un attimo contro la fronte. Ripetè il rituale del piccolo scoppio e cominciò a mandarla giù con la stessa cupidigia. Mentre gustava il biondo nettare una bambina di circa sei, sette anni entrò nel bar raggiungendo l'uomo vicino al bancone. Compresi che si trattava di sua figlia, o comunque di una congiunta, vista la confidenza con la quale la piccola gli strattonava i pantaloni. Probabilmente, come ogni bambino, voleva che le comprasse qualcosa: un gelato o una bibita gassata. L'uomo smise per un momento di bere, distolse lo sguardo dalla bottiglia e lo rivolse alla bimba. La guardò e con fare poco paterno le chiese: "vu la birr?"
La bambina guardò l'uomo e, cotanta figlia di cotanto padre, rispose alla proposta con un'esclamazione che ha un senso solo a Bari: "la biiiirrrrrrr!!!" Fu allora che mi intromisi in quel rustico quadretto familiare. "Forse la bambina vuole un'aranciata". L'uomo mi guardo con la più grande sicumera di questo mondo e rispose: "l'arangiat? E c'ha ma fa c l'arangiat? La birr". Anni di iniziazione mistica, tramandata di generazione in generazione scesero in campo e nulla poteva essere diverso da quel che appariva. Chiesi scusa per il mio intervento, bevvi il mio caffè, pagai e lasciai il bar: avevo compreso che un evento iniziatico non deve essere disturbato. 

per amore

Succede all'improvviso. Una mattina ti alzi di buon'ora e vai a correre. Ti stupisci di te stesso e, nonostante il massimo dell'attività fisica cui sei abituato sia masticare, lo fai a prescindere. Poi torni a casa e ti butti giù per terra a spaccarti con gli addominali. Quando è stata l'ultima volta che ti sei preso questa briga? Sei, sette anni fa? Forse... quando andavi in palestra di arti marziali sentendoti un perfetto idiota impegnato nell'arte di sferrare pugni e calci che tanto non sferrerai mai a nessuno, pacifico come sei. Gli addominali... vorresti fare tre serie da quindici ma ne fai due da cinque. Dopo fai la doccia e poi la colazione. E la colazione diventa improvvisamente "sana". Il croissant super farcito di crema e marmellata lascia il posto a una striminzita e triste fetta di pane carré con sopra spalmato un timido velo di marmellata, talmente timido che quasi si scusa per la sua presenza. Il cappuccino scompare anch'esso e ti accontenti di bere una tazzina di caffè: quello che fai tu che come tutti sanno fa piuttosto schifo. Il passo successivo è il più pazzesco: butti via il pacchetto delle sigarette. Ti vesti e, udite udite, fai qualcosa che non accadeva dall'elezione dell'ultimo papa. Porti a lavare la macchina. E' una bella giornata e come sempre accade quando è una bella giornata non sei l'unico ad aver portato l'auto a lavare. Prima di te ci sono altre ventisei persone. Prendi il giornale mezzo bagnato, la gazzetta, ti armi di pazienza e cominci a leggere le notizie in cronaca, ma finisci sempre sulla pagina dell'oroscopo. Scorgi un altro signore in attesa che ha in mano una rivista. Non te ne frega niente di quella rivista, ma ce l'ha in mano un altro e quindi la vuoi. Aspetti un pò e infine fai la faccia tosta: "posso dare un'occhiata?" A sua volta l'altro, anela la gazzetta nelle tue mani. Non che gli freghi qualcosa del quotidiano, ma ce l'hai in mano tu e quindi lo vuole. Avviene lo scambio. A questo punto il giornale lo leggi perché se no pare brutto tenerlo in mano e basta dopo averlo scambiato. Finalmente, dopo tre ore, hai l'auto pulita e splendente anche se asciugata male. Non apri i finestrini pur morendo di caldo altrimenti la risalita provocherebbe quelle fastidiose strisce che segnerebbero il vetro per sempre. Torni a casa per il pranzo e ti fermi finalmente per un attimo. E ti chiedi: "per quale motivo ho fatto tutto questo?" La risposta arriva fulminea. Perchè sai che stasera la rivedrai... pranzi leggero poiché intanto, non contento, ti sei messo a dieta. Fai una pennichella per essere sveglio durante la sera. Il tempo passa in fretta (ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole) ed è subito sera. Ti prepari: barba, doccia, profumo ed il vestito migliore. Sei perfetto. Sai che la rivedrai. Immagini per l'ennesima volta come tante volte hai fatto il momento in cui accadrà. Sai già cosa dirle, hai provato la scena tante volte nella tua testa, sei sicuro che saprai cosa dirle. Esci di casa, prendi l'auto con i cristalli lindi e puliti. Finalmente ne apri un uno. Arrivi al luogo dell'appuntamento, aspetti per mezz'ora, "ci sta aspettare" pensi "le donne perdono tempo a prepararsi (tu no? E' da stamattina all'alba che rompi il cazzo), attendi felice fino a quando, trascorsa un'ora prendi atto della pura e semplice verità: lei non c'è e non verrà. Lo sapevi sin dall'alba. Lei non ti ha telefonato e nemmeno tu l'hai chiamata. E' avvenuto tutto nella tua testa, per una sorta di premonizione, di sensazione... sai quelle sensazioni così autentiche, così certe? E ci hai creduto davvero. Ma adesso la realtà impietosa e schietta ti riporta sulla terra e ti richiama all'ordine. Lei non verrà. Allora fumi quella sigaretta tenuta nel cruscotto per le emergenze, tiri un sospiro, metti in moto l'automobile e torni a casa. Forse quel film che volevi vedere alla TV non è ancora finito.
E' trascorsa una settimana durante la quale ti sei spaccato di ginnastica: camminata, addominali (che sono arrivati a due serie da dieci), dieta ferrea e conseguenti colazioni tristi. Alla fine decidi che non fa per te, che non ne vale la pena. Meglio la "birrozza" la sera accompagnata da un bel panzerotto fritto. Passano i giorni e la mattina non ti svegli più all'alba per andare a correre e l'automobile ha di nuovo una comitiva di acari che ha messo su casa. Intanto tu hai ripreso a fumare regolarmente. Ti lavi perchè è necessario ma smetti di sbarbarti. 
I vestiti ricominci a sceglierli a caso dall'armadio facendo "ambarambàcicicoccò" Risultato? In breve tempo sei di nuovo sciatto e disordinato ma con una parvenza di felicità e spensieratezza illusoria. Ma va bene così. Esci, sono le dieci del mattino, il mondo è da un pò che già si sbatte per produrre qualche soldo, mentre tu sei in bolletta sparata da un lustro buono. Arrivi al bar, ti appoggi pesante al bancone. Hai la barba lunga e non hai messo il gel tra i capelli. Sei belloccio comunque ma tutto il tuo bell'aspetto è andato a farsi benedire, nascosto sotto la coltre fitta di disordine e sciatteria. Chiedi un cornetto ben farcito, anche la dieta ormai è solo un ricordo, ed un cappuccino cremoso. Ed è allora che succede, proprio quando non te lo aspetti, proprio quando hai ormai rinunciato a crederci... lei! Lei... è proprio lei. E tu sei un disastro. Si avvicina e ti guarda. Ti riconosce e ti saluta. Tu vorresti fingere di essere il tuo fratello gemello disorganizzato, ma non puoi perché lei sa che non hai gemelli. Allora balbetti un "ciao". E' tutto quello che riesci a dire. I discorsi preparati nella tua mente svaniscono, come per magia. Magia nera. Sei troppo mal messo per tentare un approccio. Allora paghi la tua e la sua consumazione con gli ultimi soldi rimasti in tasca, almeno cerchi di rimediare al tuo aspetto triste e malconcio. 
Lei ringrazia, sorride e se ne va. Tu resti nel bar.. guardi il barista e, in un disperato atto di liberazione, urli: "E che cazz!!!" Così è la vita. 

la barba

Farsi la barba è uno di quei piaceri maschili, intimi e personali. Ognuno ha la sua tecnica. Chi fa solo pelo (perché se no si irrita la pelle) e chi fa pelo e contropelo (se no la pelle non viene bella liscia). C'è chi usa la schiuma (al mentolo) e chi usa la crema ed il pennello (massaggia la pelle). Chi usa il Gilette e chi il Wilkinson. Insomma ognuno ha le proprie abitudini e preferenze. Farsi la barba è un momento dedicato a se stessi che ogni uomo cura, in modo o nell'altro, con attenzione. Ed è proprio in quel momento che tutti devono usare il bagno. "Un attimo!" Intimi a voce alta, mentre ventisei persone sono fuori della porta a bussare con insistenza. Ti distrai, ti innervosisci e perdi la concentrazione. La sensazione è la stessa di quando sei sotto la doccia e ti suona il telefonino, sei bagnato, insaponato, non vorresti farlo ma lo fai: prendi il telefono e rispondi. E lui ti scivola di mano e finisce nell'acqua. E butti un blackbarry appena finito di pagare. O come quando ti cade la fetta di pane per terra, giusto dalla parte con la marmellata. Ecco: la sensazione è la stessa. Sei lì alle prese con quella barbetta corta e quasi invisibile arroccata sotto il labbro e devi fare attenzione perché in quel punto la pelle è delicata. Giusto allora ti bussano alla porta. E fino a poco prima tutti a fare altro. Chi a guardare la TV, chi a leggere, chi a stirare... ma basta poco, cominci a raderti ed ecco che tutta la casa ha bisogno del bagno. 
Quel passaggio tanto delicato della lama diventa repentino, incontrollato. E zak! "Chietemmurt!" ti tagli. 
Un piccolo rivolo di sangue prende a colare dal labbro. Le parolacce si sprecano, dai fondo a tutto il repertorio conosciuto ma il sangue non vuole coagulare. Ti domandi come possa uscire tanto sangue da un taglio così piccolo. Però esce, copioso (come ha visto fare ad un altro taglio) e va a finire nel lavandino. E mentre con una mano tieni il batuffolo di ovatta sul taglietto, con l'altra apri l'acqua per far scorrere via il sangue. E intanto continuano a bussarti alla porta. Finalmente il taglietto si chiude, hai fatto una barba di merda, il tuo momento intimo è andato a farsi friggere, quindi non ti resta che sciacquare la faccia e uscire dal bagno con intenti omicidi. Apri la porta... stai per dire una frase ad effetto tipo "ecco il bagno è tutto vostro" ma non lo fai. Non ti è concesso nemmeno questo... perché dietro la porta non c'è nessuno. Esci e guardi per le stanze. Sono tutti usciti. E' chiaro. Adesso il bagno è di nuovo libero e quindi, per naturale conseguenza, non interessa più a nessuno.

il furbo

La gente è incredibile: crede a tutto. In un mondo di scaltri, o presunti tali, in cui ognuno si crede furbo, "dritto" o più astuto degli altri, basta mettere in piedi il teatrino dello spettacolo per capire quanto gli scaltri siano in realtà dei "boccaloni". E credono proprio a tutto. E non parlo dell'onesto inganno del prestigiatore che, in fondo, si sa che ti frega ma di farse molto meno tecniche, molto più palesi, talmente tangibili che la fregatura è li sotto gli occhi, messa in scena senza nemmeno curarsi più di tanto dei dettagli come farebbe invece un accorto prestigiatore. Allora capisci che in questo mondo di scaltri poi tanti furbi non ce ne sono e se qualcuno li frega con la farsa mal celata, figurati cosa personaggi truffaldini gli propinano nella vita di ogni giorno. Io non sono furbo, non sono scaltro, lo dico sempre, nonostante il mestiere che faccio, no... a me chissà quante volte mi hanno fregato... perché si sa: tanto Max non è furbo. Non che mi dispiaccia, trovo che la furbizia non sia altro che una toppa messa al posto dell'intelligenza. No, io non sono furbo e non sono nemmeno scaltro. Per fortuna.

il supereroe

Come è cominciata questa follia? Come ho fatto a ritrovarmi qui di notte, fuori di casa a prendere freddo inutilmente ed a perdere preziose ore di sonno? Proprio io che sono sempre stato in buoni rapporti con Morfeo? 
Vediamo, forse tutto è cominciato nell'età del gioco. Da bambino leggevo i fumetti di Spiderman. E di Superman e di Bat Man. Crescendo ho continuato a leggerli e, cosa peggiore, a guardare tutti i film sui supereroi: moderna mitologia cinematografica. Certo, i film epici di un tempo, quelli della serie "Maciste nella valle di..." non avrebbero potuto instillare in me un tale delirio supereroistico. Proprio non mi ci sarei visto con un gonnellino di pelle buono a coprire solo le vergogne, lasciando in vista tutto il resto: un fisico ossuto e mingherlino. La tutina di nylon aderente, invece, lasciava intravedere delle possibilità.
La prima volta che mi son vestito da Superman fu quando avevo sedici anni. Occorreva un vestito per una festa di carnevale, dove andai con gli amici, alla fu sala Dante di Bitonto. Bastò prendere dal cassetto un pigiama azzurro, comprare una mutanda rossa di qualche taglia più grande, della fodera per il mantello e dei calzettoni di lana per simulare gli stivali, mentre le "S" le disegnai da me sul cartoncino. Il risultato? Quasi perfetto. 
Unica frustazione... il fatto di non saper volare. La festa in maschera andò bene, fui anche abbordato da un uomo vestito da donna: fuggii in tempo con la super velocità. Una anno dopo la tutina-pigiama la regalai ad un parente (cui abbisognava un costume per una festa di carnevale) e quella fu l'unica volta che, indegnamente, vestii i panni di Superman. Come vi dicevo, in tutti questi anni non mi son perso un film di super eroi e dopo averli visti tutti, un giorno, mi è venuta l'idea di replicarne, ma sul serio, le gesta. Ho comprato una tutina nera di quelle che usano i ciclisti, gli ho cucito sul petto una "M", ho adattato un passamontagna e mi son trasformato in MEGAMAX. 
Proprio come nei fumetti: "di giorno tranquillo cittadino e di notte indomito giustiziere".

E così eccomi qui, vestito da super eroe, nella tutina aderente, pronto a pattugliare, di notte, tra le vie della mia città. Anche all'automobile è toccato qualche ritocco. Mi sono rivolto a uno che conosco, sono anni che si ridipinge l'automobile da solo, e le ho fatto assumere un cipiglio cattivo. Nera, naturalmente.. era bianca. Sporca.. ma bianca. Povera Y... lo spoiler attaccato sul tetto glielo potevo risparmiare... ma l'artista dice che funziona. Fa molto "super Automobile". Per fortuna è rimovibile... così anche la macchina avrà la sua doppia identità. Adesso sono pronto: ho pure la "Megamax Mobile".

Prima ronda notturna: come vi dicevo eccomi a prendere freddo. Sto pattugliando le strade del mio quartiere dove in realtà non accade mai nulla. La tutina da ciclista, trasformata in divisa, è bella ma non ripara dalla brezza notturna. D'un tratto odo delle voci. Urla concitate.. finalmente succede qualcosa. Si litiga da un balcone a un cortile. Non ho compreso i motivi, ma decido di intervenire. Raggiungo l'abitato. Il tizio sul balcone intanto è sceso nel cortile. Con cattive intenzioni. Si scaglia sul vicino, il vicino (che è sempre più vicino) immaginando il peggio prende un bastone per difendersi in quanto quello del balcone è parecchio più grosso. I due si lanciano uno contro l'altro... ed ecco MEGAMAX fare la sua prima apparizione! TADAAAA!!! 

Sembra proprio la scena di un film: il super eroe mascherato che fa la sua entrata in scena tra lo stupore dei presenti. Ma questo non è un film. Il grassone mi guarda ed esclama: "mo ci iè stu tremon?" L'altro tizio invece, bastone alla mano, si dimentica dell'avversario e decide, evidentemente, di usare la mazza contro di me. "Sono MegaMax" gli dico a voce alta e fiera, sperando di intimorirli e al contempo calmare i loro cattivi propositi. "Eh a te.. megacazz" mi urla il tipo allamapanato "mò ce non te ne va ti ha romb u melon". L'invito a lasciarli alle loro controversie è piuttosto esplicito. Come fare a non accettarlo? Decido di optare per una ritirata strategica, mi volto e guadagno l'uscita. Almeno non si sono più pestati. Prima missione riuscita. 

La notte è ancora giovane, decido di andare in pattugliamento a Bari. Entro nella MegaMax Mobile (la mia Y ripittata di nero con l'aggiunta dell'improbabile spoiler sul tetto) e metto in moto. Parto alla volta di Bari. La strada è quasi deserta, in dieci minuti arrivo a Bari. Dove trovo, alle porte della città, un posto di blocco. Naturalmente, con l'auto in queste condizioni ed avendo un passamontagna sulla faccia, gli agenti mi fermano. "E lei che ci fa conciato così? Patente e libretto e si tolga quell'affare dalla testa". "Guardi" provo a dire "non me lo posso togliere, sono un super eroe.. sa.. per l'identità segreta"... "identità segreta? Ma lei sta scherzando?" L'agente evidentemente spazientito, mi invita ad uscire dall'auto. Il passamontagna lo tolgo immediatamente di mia sponte. "I documenti vengono passati al vaglio degli investigatori" come dicono nei film. "Ci segua in caserma. Lo sa che è vietato andare in giro con il volto coperto? Lei deve essere immediatamente riconoscibile". Questa la sapevo ma speravo che esistesse l'eccezione per i supereroi. E invece niente. Mi sequestrano il mezzo. Il mio unico mezzo. E mi invitano a trascorrere una notte con loro. Il giorno dopo, dopo avermi fatto una bella ramanzina, acclarato che sono un cittadino per bene ed incensurato, mi lasciano tornare a casa. Ecco come si è conclusa la mia carriera di supereroe. Però che figata: nonostante tutto sono stato MEGAMAX per una notte.

la maleducazione

Se dovessi rappresentare il fatto come scena di un mio romanzo scriverei così: "Eccoli. Trascorrono la serata sul lungomare, in allegri...