giovedì 3 ottobre 2013

il viaggio

Non è la mia città. Mi succede spesso di spostarmi per lavoro. Ed oggi sono qui. Le città non sono poi così diverse ed ovunque si assiste a scene di varia umanità: ma questa mi mancava. Sono arrivato con un'ora di anticipo, nell'attesa che vengano a prendermi passo il tempo fuori dalla stazione. Osservo un uomo con la barba folta, malmesso in quanto ad abbigliamento ed una signora piuttosto originale, di colore, capelli folti e ricci con addosso una specie di lenzuolo bianco avvolto a mo' di tracolla su un vestito nero. Mi avvicina e mi chiede una sigaretta. Le offro la sigaretta e mi ringrazia in maniera inaspettata: "grazie messere". Tempo un minuto e le sigarette offerte diventano tre: c'è l'uomo barbuto e subito arriva anche un giovane, credo, marocchino. Mi allontano di qualche metro ed una ragazza piuttosto carina mi chiede degli spiccioli per un ipotetico biglietto del treno. Le do quello che posso. Mi fermo a fare chiacchiera con due viaggiatori e noto una bicicletta alla catena, attaccata ad un palo, proprio vicina a noi: le manca il sellino. Allora mi viene spontaneo pensare che il proprietario sia un masochista che si diverte così... 
La signora di colore, con i capelli ricci e le lenzuola addosso, ad un tratto si siede per terra proprio davanti all'ingresso della stazione. Comincia a disegnare con la mano delle scie invisibili sul marciapiede. Come fosse un "madonnaro metafisico": senza gessi e senza colori. La guardo muovere la mani con ampi gesti delle braccia mentre parla a bassa voce: non sento cosa dice. Passano tre agenti di polizia e con modi gentili le dicono di alzarsi. La signora si alza e si allontana. E' tornata la ragazza carina, continua a chiedere soldi ai passanti per il suo biglietto. Qualcuno mi informa che quel biglietto non lo comprerà mai. Intanto mi hanno telefonato, devo prendere un trenino per raggiungere la mia destinazione, dove troverò la macchina con chi verrà a prendermi. Faccio il biglietto e prendo il treno che parte subito. Mi siedo e benché il tragitto sia breve mi immergo nella lettura del libro che qualcuno mi ha regalato. Il titolo reca in se un grande rimpianto considerando la situazione. Ad ogni modo il racconto mi ha preso al punto tale di non accorgermi di essere arrivato. Continuo a leggere ed il treno riparte. Ho saltato la mia fermata. Chiudo il libro mentre il treno riparte ed un dubbio mi assale: era forse la mia? Mi alzo e chiedo al controllore seduto nel suo stanzino, accanto al mio scompartimento. Mi conferma che era proprio la mia. Mi dice di scendere a quella dopo e di aspettare il primo treno per poter tornare indietro. Così faccio. Scendo, vado ad informarmi circa l'ora, per fortuna devo attendere non più di mezz'ora, e faccio il biglietto. Vado al binario e li c'è altra gente, altra vita ed altre storie di varia umanità. Mentre attendo sulla panchina, continuando a leggere il romanzo colpevole di tanto sbattimento, vedo fermarsi un treno. Che apre le porte. La voce dall'altoparlante ci informa che il treno è fermo per un problema e che non si deve salire. Arriva di corsa un ragazzo di colore, con una valigia grossa e, presumo, pesante. Non parla bene italiano e non ha capito che non è il suo treno. Affaticato si avvicina e cerca di salire ma viene fermato dal capotreno fisso sulla porta. "Questo non raccoglie passeggeri" il ragazzo non capisce e mostra il biglietto insistendo per imbarcarsi. Il capotreno lo redarguisce in malo modo. "Non devi salire!!!" Alla scena assistono anche un gruppo di signore. Intanto il treno chiude le porte e riparte. I commenti del gineceo non si fanno attendere. Sono tutte donne nordiche e tutte incazzate con l'uomo delle ferrovie. "Poteva anche spiegarlo a quel ragazzo..." dice una "è proprio uno stronzo" commenta un'altra. Tutta questa solidarietà mi fa riflettere e pensare a tutte le accuse di razzismo che da sempre noi del sud appioppiamo alla gente del nord. Qui c'è giustizia ma di razzismo nemmeno un'unghia. E' bello vedere sfatati i luoghi comuni. Mentre osservo e rifletto arriva una ragazza di una bellezza straordinaria. E' scura anche lei, forse brasiliana, ottomana o non so cosa. Ha una gonna cortissima che le copre a malapena il culo. Gambe meravigliose lunghe e precise. Una camicetta poco generosa, al contrario della gonna, nella scollatura. Mi siede affianco sulla panchina dove ho fatto base. La osservo un attimo e le guardo il volto. E' bella davvero ma ha un'espressione triste. Di colpo scompare il mio interesse per le gambe e resta quello per quel viso triste, provato chissà da cosa, rabbuiato da chissà da quali problemi... e di colpo qualsiasi umano pensiero di gallo latino scompare come per incanto. E' arrivato il mio treno. Mi alzo, rivolgo un ultimo sguardo alla dea triste e riesco solo a pensare: "in bocca al lupo ragazza. Abbi cura di te". Salgo sul treno e parto. 

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